g i o r g i o   v a l e n t i n u z z i

CANTICO DEI CALICI

Poesie conviviali

 

 

 

 

 

 

NON C’ERA MAI UN GIORNO UGUALE

nemmeno nel ricordo

ma tutti i giorni come tutti i giorni

passano e il tempo è quello che vivi

nella tua mente

Non ho mai avuto timore della notte

mai di un’ombra o di uno scricchiolio

però so che Eliot scriveva di sensazioni e

rumori tra la King William Street e casa sua

in una Via Alessandria in Albione

con nomi da scatola di caramelle

cristallo di zucchero

the candy with the fruit

pulp of William pearl

Non c’era mai un giorno uguale

nemmeno nel frastuono del ricordo

là secchi di rifiuti e schifezze varie

strapieni di sorrisi ambigui e di leccate

si susseguono monocordi e monomaniacali

Dentro i secchi tutto è in movimento

natiche gonne svolazzanti mani che ghermiscono

falli eiaculanti occhi e capelli che non sono

poi vere schifezze come la Paura o il Panico

Parliamo in piedi con il Farmacista dell’Acquerello

dosa le parole a milligrammi con arcano timore

dosa la vita e sa ciò che gli accadrà il giorno dopo

Per noi non c’era mai un giorno uguale

Non berremo mai abbastanza per saperne

qualcosa sull’illusione della giovinezza

su come e su quanto ci ha preso per il culo

con le sue balle

perché non sono che balle

quelle della giovinezza

Sento fantasmi di parole in balia del vento

simili a nubi sfilacciate

compaiono all’improvviso quasi vortici luminescenti

che catturo per un attimo con la coda dell’occhio

dilatato oltremodo nella luce rossastra che pervade la stanza

Queste brevi apparizioni sono scandite ritmicamente

da un tempo infinitamente modesto fatto di frammenti

più sottili di un capello

più impalpabili di una ragnatela pencolante su uno stagno

Mi sorprendono nei momenti più impensati

una macchia lasciata dal fumo di una candela

sul soffitto del bagno ha l’aspetto di un insetto enorme

agguato alla mia inferiorità di uomo svestito

(Infatti) Vago nudo in un liquido fetale

Nuoto di un nuoto nervoso fatto di tremendi piccoli scatti

Sbarrerò le finestre affinché non mi vediate

Sbarrerò il flusso del fiume affinché non possa arrivarci

dalla mia pozzanghera

Questa mia pozzanghera è proprio la mia

L’acqua è torbida ma poco profonda

Mi sforzo di andare in là so di non farcela

Le (mie) microvisioni sono immerse anch’esse nel liquido torbido

e tormentato di un polmone ansante

Vorrei che i giorni fossero uguali

per poterli contare e sapere immediatamente

quanto mi resta da scrivere

quanta sabbia rimane

potrei contare i granellini uno ad uno

dividerli per se’stessi e cento mille volte ancora

per i loro multipli e inframultipli

Il tempo diverrebbe opinabile

più del sentimento

al di là di ogni possibile amplesso

I giorni non erano uguali

ma qualcosa tornava

numeri periodici

congiunzioni astrali o magnetiche?

Voglio sapere! Sforzarmi di capire SÌ CAPISCO !

Vorrei urlare!

Queste sono ruote abnormi che non vanno su non cedono

ruotano impazzite in folle movimento

Senza tacche

Non portano segni

Non sfrigolano contro cinghie e altri impedimenti

Quando mi avrà toccato?

Quale il punto o il segno

Quale segno?

Tornite da laser bestiale

irreale come il pensiero a settanta milioni

di anni fa con orme pesanti di rettili enormi sulla rena

Ma qualcosa ritorna

Potrò fare come il paziente cinese che lentamente addiziona

al pallottoliere il suo dare il suo avere?

Potrò distinguere il mare dalla terra tracciando una sapiente

riga azzurra sullo sfondo bianco di una ciotola?

Solo potessi guardare un attimo dentro la stanza buia dei giorni

mai uguali

Solo potessi sbirciarvi non visto dalle infinite generazioni

di errori e di sogni indistricabili

potrei

potrei

sperare

 

 

Paderno di Udine

28/29 maggio ’89

 

 

 

 

 

 

 

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