g i o r g i o v a l e n t i n u z z i
CANTICO DEI CALICI
Poesie conviviali
TONI PERESSIN E TU
Tilio Persel vi ricordate?
Che bello che lontano e
soprattutto da Voi
I morti
Un attimo prima
Vivi
Naturalmente
a bere
Naturalmente
da Cibo
o da
Milena e Mario
Comunque a bere
Lontano nel tempo come tutte le cose
anche vicine
lontano nel tempo
Toni Peressin no i jai
vulut l’ultin taj cun te
Cun Tilio di corse
ma no l’ere mai di corse
ji varès bivût como che ji si beîf
e tu senz’altro lo sapevi Toni che tu ed io
abbiamo sempre
bevuto
con tutti
sempre con Tilio anche
perchè Tilio era
il nome di mio padre
ed ora
mentre il tempo
va a rilento
ma come
come le parole e come l’amore
l’amore
l’amore...Persello
tu mi guardi dalla tua foto
rubata su un giornale
a caso
ma uno solo
un Giornale
che devo dire
a 500 kilometri kilometri
Kilo Metri mentre una lingua
ostile mi fa pronunciare
parole in una lingua che non
so
mentre una lingua ostile mi fa morire
dormire
incazzare
Bill Shakespeare
mente ancora Clan Bill altri
Stronzi...
Ma tu non credi Francesca
Monteneri
tu non credi e non credi e non credi
e non crederai
che si muore e non si sa di perdere
e di non parlare
e credere con gli amici
i pochi e nemmeno quelli
Non si può
Francesca Monteneri
non si può
Saperi
Monteneri
Non si può
Se verrai a dormire subito
smetterò questo grande poema
smetterò storie e vino che
ora non ci sono
seguirò il monte e la cima
seguirò il sentiero e la sella
dormirò come albero
per vivere e amare
e me ne andrò ancora
selvaggio e mona
stronzo e coglione come tutti quelli
come tutti quelli che poi l’amore
che cantano
con le loro sole parole
La mia donna è impazzita
crede nella vita
e in quella di sua madre
Intanto
Gioco
Voglio
Devo
Desidero
Gino Latilla
Betty Curtis
Fausto Cigliano
Ma un fico ma tutto questo l’avevamo prima
in un attimo solo ma
in vent’anni
soltanto letti
tra Guccini Tenco Conte De Andrè
e tutti noialtri tre!
Che vuoi fa
noi lo sapevamo
a te
lei piacciono i concetti
non le parole
le musiche
non le ronza
i bulbi non i narcisi
i letti non i cazzi e i baci
mi fa gli occhiacci
dorme sola per un letto
un bulbo
una musica
un concetto
di letto
non se ne parla
Lo divide
ella
con un tarlo
spero sia bello
pure quello
Toni Peressini
eppure mi hai invitato a casa tua
più volte
ad Alesso o Trasaghis
Qui non ricordo
e sono lontano da te ed altri morti
altri per cui mi sono dato pena
come per te che non sei
diverso
Ogni volta che muore uno che mi
vuole bene
ne perdo un altro
e quelli che
amo e che mi amano sono
pochi
Così pochi che pochi non è
una parola ma un altro concetto
come Hendrix o Guccini
quel mona o come chissà Dio
per gli stronzi o per quelli stronzi
o per quegli stronzi che sono
stronzi
Cinque anni o peggio
dodici anni o cinque anni che
cazzo vuoi da me
vaffan’culo
Io a scrivere ancora
ancora a scrivere ancora
Tillio Persello con le capre
me lo ricordo da prima
quando ancora credeva
ed io scappavo
Lui credeva si potesse
Sapeva che non si poteva
ma poteva
credere
Un lungo credo che passava
per il figlio e il figlio dei
lombi e degli amici e i
suoi occhi i suoi occhi
di tanti piccoli cuori e di
tanti balconi vedevano il
mare
il mare
il M R
A E
non voglio
ma ricordo la terra ed il mattino
i Mattini purtroppo sono simili
ad una Notte non dormita
mai insonne
come le notti tue mie e
di Mirtillo
Che notti per quando non
ci saranno più notti
che notti!
Il quarto passaggio è per chi dorme
solo
essendosi egli dimenticato
é per quella che dorme sola
essendosi ella dimenticata
Per quella che non pensa
essendosi ella dimenticata
é per colui che scappa
Per colui che corre nella notte
incastrato tra volante e sedile
é per quella che non capisce
e per quella che capisce
é per quella che subisce
ed ha subito
senza sapere
e non ha subito sapendo
Per quello che tira gomitate
contro il muro e per te
Peressini che da Cibo
volevi offrirmi un bicchiere ed io
per quel
TANTO TEMPO chec’era l’ho rifiutato
però salutandoti e poi a 500 kilometri
dedicandoti questa poesia
Ugo Vat ha tentato
di uccidermi
di uccidersi
ti ammazzo e non saprai
mai il perché
mi ha detto
quel matto
poi mi si è avventato
contro con il coccio
di una
bottiglia!
Sai com’è
si scrivono poesie
sempre più veloci e leggibili
perché non è più possibile
essere diversi
Ingeborg Bachmann e
Rinaldo Blasone accomunati
nello stesso ricordo
insieme a quelli
che amo amo amo
a Godia il 14 giugno’64
mi ricordo ancora nel 28 maggio
’89 di te Romeo
Nessuno o pochi e i pochi
ormai
Nella notte scrivo
come al solito senza dire
nulla come tutti come
al solito
Solo Mara ha capito
Solo Mara ha sentito
Solo Alberta solo stronze
Solo merda solo minchie
Soltanto cazzi & fiche?
Solo merdazza
& MERDAZZAè una parola e un senso
Rinaldo Blasone 1° ottobre 1963
Nel ’73 la moglie e i figli e
i parenti tutti lo ricordavano
con immutato affetto
ma dove siete nel 28 maggio’89 dove
siete alle 3.15 del mattino?
Anche l’unico maschio della fam. Toniurgo
se ne andò sottoterra
ieri Giuseppe ti ricordi il puma
e la tigre di Laipacco?
Era tutto un pacco
Non ci avevi creduto al pacco
della vita né?
Le figlie scorfane deposero
Incredibile la morte a vent’anni
che giunge in camion sulle
ruote
come sempre
quando si ama e si va
nella notte
Romeo
i tuoi pazzi e stronzi
sogni a Godia giugno’64
1944 non nascere lì che hanno invaso
e poi? Tutto il resto
Gene Krupa a 64 anni e Adelchi
Piano a 63 nel ‘ 72
e nell’89 ne avresti avuti 80
che meraviglia però morire di vino
e di vento ricordo in bicicletta
nei circuiti verso Treviso o
giù di là e scorregge dei tuoi figli
e mie nell’oscurità della tua 1100
famigliare
che ricordo ancora
stasera?
LUTTO NEL MONDO JAZZ
Gene Krupa
e che cazzo me ne fotte
meglio Adelchi
CORRIDORE CICLISTAcome si leggeva sul terrazzo
di casa sua di fronte la Vittoria
Viale Trieste Udine
Viale Trieste 124
Anni dopo e molti anni
fa ci andai a comprare
reggicalze e calze nere per
un pomeriggio diverso
con una bionda diversa
con una fica come si dice ora
Eri del ‘9 cacchio! Del ‘9
63 anni erano buoni per morire
anche di vino il 1° agosto ’72
con Benny Goodman non hai suonato
dal ’34!
Che palle!
IN UN OSPEDALE ROMANO
Nell’appartamento romano
Con il prof. romano
Ciarpella romano
Ustioni romane
Scrittrice Austriaca 47 anni
Morte romana
L’idiota 1952
Il Principe Von Homburg 1960
Il giovane Lord 1965
Che cavolo sono?
Chi li avrà mai letti?
Roma 17 ottobre
La scrittrice Bachmann
è morta per le ustioni
in un ospedale romano
Morte romana
anche la poesia
Il 24 maggio 1928 Nobile
Sorvolò il Polo Nord
Alcune tonnellate di ghiaccioli
pensa non c’era l’Algida né
Motta né l’Alemagna né
Si erano posati sull’involucro
I ghiaccioli
Pesava Nobile Umberto
Si abbatteva sul mare
Gelato
Pontremoli e Lago sparirono nel bianco
Un motorista morì subito
nel tremendo urto
contro la banchisa
gli altri più o meno
Tenda Rossa
Roma
Morte romana
Morte rossa romana ma
Amudsen e Guilband
Krassin sì che ruppe il ghiaccio
tra l’ambasciata sovietica
e la Morte romana
e anche il capitano
Samoilovic nella Rossa Tenda
romana di Umberto Nobile
poco nobile Fenati Umberto
odontotecnico
che facevamo al mondo senza
te Umberto?
Mezz’ora dopo le tre a scrivere
di uno Svedese
al solito
Lundborg però il 24 luglio 1928
Il Capitano lasciò per primo
la nave
che cazzo! Fenati
non lo fece mai e morì
di morte vinicola per un
inglorioso incidente di portone
come si conviene ad un odontotecnico
fico che lega la fidanzata ad una sedia
da odontotecnico e se la dimentica
nuda per 10 ore
come si conviene ad un
poeta che senza ispirazione
scrive ancora oltre il tempo
IL CAPITANO NOBILE LASCIÒ PER
PRIMO LA TENDA ROSSA
Chi se ne frega
Ma Lundborg aveva un posto
sicuro per Nobile in Banca
che era troppo poco anche
perché sul retro c’era Ettore
Mion pochi anni nel 1969
28 dicembre
Vent’anni dopo nella notte
lo trovo rassomigliante a
Renato ma guarda
un po’? Poi c’è Baldan
che non mi fa le cose
poi c’è Ugo che incontra
me e due calci
poi c’è Bob che rompe e la
tua fica
come una fica
o un cazzo nella notte
e due belle labbra
di fica non
come Mara o come Cosa
nella notte che va
strofinando via il meglio
e qualcos’altro
nei pantaloni del cielo
notturno che va
come tutti i come
ed i perché esausti
degli ieri nascosti
e dei domani già
andati
penso al povero Celiberti
che non è il povero Giulio
o Giulietto di Tavagnacco
Penso a nulla
ma il nulla ha sempre
un nome e il nome è
Gli specchi un tempo
riflettevano umori
e non bocche e sorrisi
obliqui
rettili del cielo
e matti della terra
Paderno di Udine
27/28 maggio ’89