I CONTEMPORANEI 3000
&
AZIENDA AGRICOLA
FERRIN
Località Casali Maione, 8 - Bugnins
33030 Camino al Tagliamento
Udine
presentano:
IN ARTE, VERITAS!
(seconda edizione)
Mostra d'Arte
con:
Giorgio DAL CANTON
(Pittura)
Pietro DE CAMPO
(Pittura)
Anna Maria Maddalena DILEVRANO
(Pittura)
Elena FALESCHINI
(Scultura)
Gianfranco FERUGLIO
(Scultura)
Alberto GALLINGANI
(Pittura)
Stefano MERCATALI
(Pittura)
Sergio PENNER
(Pittura)
Giorgio VALENTINUZZI
(Pittura)
dal 19 maggio al 30 giugno 2012
nel corso della
manifestazione
Cantine Aperte
Azienda Agricola
Paolo FERRIN
Bugnins (loc.
Casali Majone)
Camino al Tagliamento (UD)
Un breve cenno sugli artisti partecipanti:
Giorgio DAL CANTON Nato a Venezia, è uno tra i più noti barman del triveneto e il suo locale, La Taverna Dell'Angelo, è uno dei più frequentati del FVG. Grande esperto di whisky di torba, nasce pittore e la sua arte si evolve nel tempo. Ha partecipato a numerose collettive organizzate dal Centro Culturale I Contemporanei tra cui ricordiamo: In Arte Veritas, prima edizione, Camino al T. (Ud), 2005; Eretika, erotika, eroika, Castions di Strada (Ud), 2006; Cava la cava, Raveo (Ud), 2006; Bestiario, Erbario, Lapidario, Castions di Strada, 2006; Prima del primo, Udine, 2008.
Pietro DE CAMPO nasce a Udine nel 1939. Ha frequantato l'Istituto Statale d'Arte di Udine, allievo di Toni Menossi, Dino Basaldella, Luciano Perissinotto. Ha collaborato per diversi anni con lo scultore Luciano Ceschia nel laboratoriodella Collina dei Ciliegi di Collalto di Tarcento. Ha partecipato a numerosi concorsi ed esposto in mostre personali e collettive in Italia e all'estero, tra cui: Biennale Triveneta di Tarcento; Feletto Umberto (personale); Biennale personale galleria Morena Tricesimo; Azienda di Promozione Turistica di Trieste; Galleria Prisma di Verona (personale); Casa della Confraternita Castello di Udine (personale); Verona "Revival della Pittura"; Moggio Udinese "La parola rilevata l'invisibile visibile"; Sidney "Omaggio agli Artisti Italiani alle Olimpiadi"; Udine Galleria d'arte Palladio "Itinerari sacro e profano"; Jesolo (Venezia) Palazzo dei Congressi; Abbazia di Rosazzo "Incontro con la Luce"; Istambul "Sant Fuari"; Parigi Citè Universitaire du Paris; Montese (Modena) “Forum Artis Museum”; Bari "Expo"; Rivignano Casa Collavini "Premio Missoni"; Lumignacco "Premio Covassi"; Milano/Lugano "Libri d'artista"; Palazzo del Governo San Gallo (Svizzera); Museo Archeologico di Efeso "Il mito e il paesaggio"; Tolmezzo Palazzo Frisacco "Il volto e l'anima"; Venzone Palazzo Comunale "Croce del Mondo"; Abbazia di Sesto al Reghena "In cerca di Dio". Di lui hanno scritto: G. Angeli, C. Braidotti, L. Ceschia, W. Ceschia, L. Damiani, C. Feruglio, A. Giacomini, A. Ivanov, T. Novello, M. Piva, L. Perissinotto, M. Prando, G. Vasi, P. Levi, E. Santese, D. Cerroni Cadoresi. È stato presente nel catalogo nazionale "Arte Mondadori" dal 1997 al 2001.
Anna Maria Maddalena DILEVRANO "Pittrice, decoratrice, restauratrice, ritrattista, Maestro d'Arte, dove arte è ascoltare il silenzio e il suo bisbiglio che diventa, agli occhi, rogo; rogo che purifica, indica, dispone. Rogo ad olio su tela e a mani nude; anima è ciò che vuole per mostrarsi e ricominciare. E cammino, da sola, e cerco la mia strada…tra il bianco di un abbraccio e il nero delle mie parole. Dipingo da sempre, prevalentemente ad olio. Caravaggio, con le sue figure che si innalzano dalle tenebre è da sempre fonte d'ispirazione. Copie d'autore e ritratto, poi la ricerca, la pittura come catarsi, purificazione. Sì, mi purifico attraverso il rogo della pittura: la mia. E' un inconscio che tra i colori diventa espressione, come Favola nel ghiaccio, dipinto esposto alla prestigiosa Amart Louise Gallery di Bruxelles in seguito all'invito al Premio Internazione Tokyo del 2011: premi che valorizzano, stimolano. Come l'invito nel 2008 alla quadriennale della Sir Thomas Art Gallery di New York e a quella del MuseoStorico di Roma. E poi Parigi: collettiva nel 2010 alla Gallerie D'Europe grazie ad Alessio Boschi, direttore della Galleria D'arte De' Marchi di Bologna. E poi ancora, idee, progetti: La Place des Artistes, per esempio, organizzata dell'associazione no profit M.I.M. (Musica in Musica), di cui sono vice-presidente e a cui sono molto legata. L'associazione svolge delle iniziative in varie piazze d'Italia per valorizzare i giovani artisti: nel 2011, a Imola si è giunti alla 5a edizione. E a proposito di valorizzare: a Stefano Mercatali, artigiano del talento, alle sue mani e ai suoi occhi ho dedicato Occhi del tempo. Vivo a Casteldel Rio, in provincia di Bologna. Dicono di me: alcuni articoli di giornale. Cenni critici del Cav. Giancarlo Alù."
Elena
FALESCHINI
"Indipendentemente dalla tecnica, tanto che la forma venga
scolpita nella pietra, sia che si ritrovi plasmata nell’argilla e a volte
riversata in bronzo dal sacrificio canalare della cera fusa, l’immagine di cui
Elena si fa tramite comunica sempre una sorta di naturale necessità della
propria espressione; come se il processo di definizione dei volumi fosse
costantemente innescato da una pressione endogena, da cui si determina la spinta
che poi l’artista disciplina nella superficie dell’involucro. E, in fondo, sono
tutte delle figure. Alcune (come Caino, o Liberazione) urlano la propria
individualità, compressa o lacerata, attraverso i solchi della terracotta:
calanchi tra cui esplodono masse muscolari e gestualità straziate, di chi sembra
volersi strappare di dosso una pelle che deve invece aver abbandonato da tempo
quei corpi scorticati. Altre ci parlano secondo schemi non narrativi, ma non
sono meno legate delle prime a quel calco tridimensionale dei nostri
rivolgimenti interiori che ci portiamo appresso – a volte persino con una
qualche grazia – e solitamente definiamo con termini quali corpo, fisionomia. È
questa la misura comunque evocata dalla geologia della materia che ci si
squaderna sotto gli occhi e svela, nell’incavo di cucitura delle proprie pagine,
la matrice femminina della nostra dimensione vivente. Anche gli altri elementi
della natura (Aria; Acqua e Fuoco) sembrano inevitabilmente proiettati a far
trasparire nei loro spessori di astratta rarefazione un sentimento di
corporeità: a tralucere è pur sempre un archetipo di forma che si muove “[…]
libera, come talvolta nella coscienza una parola vaga libera da ciò cui è
connessa e diventa qualcos’altro, non mero rumore […], ma un’entità nuova e
misteriosa, nuova e misteriosa perché in sé non è più soltanto e unicamente un
mezzo per significare qualcosa” . Egualmente svincolati da una semplice
rispondenza di senso ai termini lessicali della propria definizione sono i
rilievi in terracotta che Elena titola Deserti; visioni dall’alto, ma a volo
radente, in cui il cedevole paesaggio della Cirenaica o Tripolitania non si
distingue più dall’idea emergente della forma umana e nei quali – su tutto –
domina il valore della continuità: in superficie, come pure in un ipotetico
addentrarsi dello sguardo nelle stratificazioni del piano, si respira
un’omogeneità fra pulsione fisica e struttura mentale dell’immagine. Il bimbo
non ancora nato di Kubrick, sulle note di Richard Strauss, osservava dall’alto
dello spazio siderale un globo azzurro nel quale si poteva intravedere la
promessa di un futuro convergere di razionalità e contemplazione, progresso
scientifico e verità rivelata, per illuminazione del Principio. Il piccolo Uomo
della sabbia di Elena non si capisce da che lato del regno di Cronos venga.
Forse in lui percepiamo la vivente premessa ad ogni schema consolidato
dell’immagine di natura, e la nostra attenzione al trapelare della sua forma nel
tendersi alterno del suolo non è altro che un “ascoltare il passato con gli
occhi”, come direbbe Roger Chartier attingendo al miglior concettismo della
poesia spagnola del Seicento. Qualunque sia il percorso nel tempo che possiamo
immaginare per le sue opere, immediatamente percepibile è come Elena non
prescinda mai da un contatto fisico con le cose e le situazioni. Corpo, natura,
spiritualità sono vissuti fisicamente nel proprio divenire, quale che sia
l’approccio tecnico alla loro manifestazione nella scultura. Questo spiega la
presenza di archetipi orientali e, insieme, l’assenza di riferimenti culturali
alla misura classica; l’unico accenno alla cultura dell’antichità greca si
consuma attraverso il prestito di due maschere teatrali – una tragica e l’altra
da commedia – al corpo di un essere “bifronte” la cui sostanza è vissuta in
termini di sangue e con cadenze perlomeno ellenistiche, se non addirittura
postmoderne. E non manca, insieme al pathos, l’ironia. All’origine di una serie
di lavori c’è l’innesto su di un torso flessuoso di tubuli in plastica che
sembrano dover fornire ossigeno o azoto a un improbabile androide danzante: un
vero e proprio Capriccio, nel senso del divertissement artistico, non fine a se
stesso ma capace di innescare differenti e più complesse riflessioni
formali…Come il passo di tango in una Ines che, con il realismo anche pittorico
della sua figura, suona oggi strana, consapevolmente spinta al limite della
dimensione attuale del kitsch, come l’arciere del frontone di Egina quando ne
vediamo ricostruita l’attillata veste policroma. Bisogna raggiungere il culmine
della tensione realistica per avere chiara percezione di come la situazione
tratteggiata in apertura abbia una propria naturale controparte, in cui
l’impronta conosce un inverso ordine di lettura: ora è il terreno che si intrude
con le sue astrazioni geomorfe nelle pieghe delle sculture in ceramica, condotte
a un grado di puntualità descrittiva che si fa quasi provocatorio, nella
violenza esplicita del colore; e ogni elemento matrice lascia spazio alla forma
impressa di una vita, stampata nel cavo o nella plasticità delle sue emozioni.
Non crea differenza sostanziale, alla fine, che il dinamismo della materia si
inarchi nella linea dorsale di un’alata silhouette femminile o nella sintesi
astratta di un’onda dagli orli sfrangiati: lo sguardo rimane sensualmente
intento alla restituzione del momento contemplativo, carpito durante
l’evoluzione della frase musicale, fissato nel frusciante crepitio d’un lembo di
tessuto che inguaina fibre lunghe di danzatrice, o tradotto nel flettersi come
prolungamento di vertebre e tendini di un ideale arciere o di un’angelica, nera
polena, sfrontata nel suo protendersi su immaginati flutti. Non si dà
quindi effettivo stacco fra lo scavo drammatico delle linee in certe terrecotte
– unghiate feroci come il solco di un’aratura – e la propensione, nelle opere in
pietra, a interrogarsi ogni volta sul grado di finitura e finitezza, ovvero di
decoro e di articolazione esplicativa; con attenzione privilegiata, allora, per
uno sviluppo sul piano che non preclude la profondità, ma suggerisce una visione
di superficie-limite, ovvero di raccordo, fra dimensioni a un passo dal
conoscersi.
Ha esposto in numerose personali e collettive in Italia e all'estero."
(Fulvio dall'Agnese)
Gianfranco FERUGLIO "Sono nato a Udine. L’uomo è un viaggiatore, dello spazio a del tempo,del tempo della storia, ascoltata, vissuta. Un viaggio dove una marea di cose ci attraversa carica di emozioni...situazioni legate a memorie di primordi. nostalgie future, miti ed immaginario collettivo...uomo cacciatore di queste cose...e raccoglitore...elabora...ricama, o riduce, andando all’essenziale...così nasce l’oggetto vero, nell’intento di dare emozioni precise...oggetti come porte d’ingresso al mondo di chi le crea...ed il suo ingresso nel mondo degli altri."
Alberto GALLINGANI è nato a Firenze dove vive e lavora. Dopo un primo momento di esperienze pittoriche formative a carattere realista viene in contatto, nel 1961, con gli artisti dell’area dell’Astrazione fiorentina e con loro matura e realizza la sua esperienza nell’ambito della Pittura di Nuova Realtà. Nello stesso momento frequenta la Galleria Numero di Fiamma Vigo nella quale, giovanissimo, tiene la sua prima personale. Nel 1965 vince una borsa di studio per giovani artisti bandita dal Comune di Firenze. Nel 1969, redige il Primo Manifesto della Pittura di Nuova Realtà. E’ il 1971 quando fonda con altri artisti fiorentini, lo Studio d’Arte “Il Moro” e con loro aderisce al Manifesto della Morfologia Costruttiva. Intanto la sua esperienza artistica si evolve, nasce il ciclo della Geometria Utopica (1973) che mette in risalto i valori ideologici nei rapporti umani. I suoi interessi si dilatano: usa la fotografia. E’ del 1976 l’allestimento “Ho disegnato sul pavimento un quadrato di 50 centimetri di lato” e tiene, nel 1977, la sua prima performance, “Ho dipinto con il bianco”. E’ l’inizio di un periodo di intense esperienze che lo portano fino alla marginalità della Mail Art. Nel 1978 fonda con Gianni Becciani “Art in Opposition”, la prima rivista, in Italia , di Arte Postale. E’ invitato alla XVI Bienal de Sao Paulo – Arte Postal a cura di Walter Zanini (1981). Nello stesso periodo realizza molte foto dipinte e nel 1979 la pittura riemerge totalmente. Nasce così (1982-1986), il ciclo Lettere da Berlino. Dal 1981 la sua attività esce dai confini nazionali trovando in Europa il terreno fertile per la sua espansione. Dal 1992, il lavoro si evolve verso la complementarietà dei linguaggi. Nel 1998 nasce la GALLINGANI&associati. Partecipa alla 50° Biennale di Venezia (2003) Sezione Extra 50 – Progetto Brain Apartment Curatori Emilio Morandi e Guglielmo Di Mauro Nel 2003 fonda con altri artisti ZEROTRE Movimento per l’Arte Effimera. Dal 2004 GALLINGANI & associati produce video.
Stefano MERCATALI nato a Marradi (Fi) il 27/01/1958. Risiede in via Aldo Moro n°3 - 47042 Cesenatico (FC). Diploma di maestro d’arte, magistero artistico e maturità di design presso L’Istituto D’Arte per le Ceramiche a Faenza e, di seguito Accademia di B.A. a Bologna con il Maestro Concetto Pozzati. Ha insegnato presso vari Istituti e Licei. Ha esposto in varie città come Firenze, Matera, Roma, Cuneo, Argenta, Faenza, Bologna, Cesena, Ravenna, Cervia, Urbino, Berlino, Stoccolma, Parma, etc.. in importanti collettive, fiere, musei e mostre personali vincendo anche due importanti premi a Faenza per la scultura e a S. Sofia per la pittura. Arte Fiere: Bologna (G. Rasponi)-Barcellona, Gand (G. Astuni) -Padova-Venezia-Forlì-Udine. Critiche a cura di: A. Bacillieri, M.Pasquali, B Bandini, G.Manzoni, S Ghinassi, S.Miliani, P. Bortolotti, A.Del Guercio, E.Dall’ara, M. Zattini, F. Pasini, S. Arfelli, R. Ricci, A. N.Vaccari, A. Mingotti, G. Labrosciano
Sergio PENNER Sudtirolese, nasce a Bolzano nel 1958. Cresciuto in un territorio denso di cultura, attenzione ecologica e tradizioni naturalistiche, assorbe dal padre (biologo, micologo ma soprattutto pittore e naturalista ) la passione per l’arte e per la natura. Designer e Artista eclettico: ha frequentato la facoltà di Architettura di Venezia e in quella stessa città (in cui ha vissuto e lavorato per 20 anni) è stato docente di “tecniche della comunicazione visiva” all’Accademia di Belle Arti. Cimentandosi in primis come visualiser e illustratore si afferma come Art Director, ma soprattutto concept, web, graphic e industrial designer di molti prodotti e aziende di successo. Esperto di impaginazione, grafica editoriale e packaging. Progettista e grafico completo passa poi alla consulenza mktg e d’immagine. Ha lavorato in Italia, Francia, Germania, Slovenia, Romania, Ungheria, Spagna e Galles. Si è espresso in molte discipline : dalla scultura alla pittura, dalla grafica alla fotografia, dalla musica alla poesia. Ha diretto fotografi di fama internazionale e curato riviste e numerose pubblicazioni. Amante della natura, profondo conoscitore dell’etologia aveva iniziato la sua carriera universitaria frequentato per un biennio la facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Firenze. Cinofilo da generazioni, giudice, allevatore, educatore e addestratore di cani da caccia e difesa, Istruttore di equitazione, Master of foxhounds della Società mitteleuropea della caccia a cavallo conduce ed addestra la muta di 40 segugi (fox-hounds) in simulazioni di caccia alla volpe su traccia artificiale. Indagando con attenzione e curiosità il mondo animale, integrando questa passione con l’esperienza nel campo dell’immagine, “cavalca” queste passioni con la stessa matrice e senso estetico. Da sempre in bilico tra queste due inclinazioni, oggi ha scelto di dipingere dedicandosi all’Art Animalier prediligendo i ritratti di cani, gatti e animali selvatici cercando di coglierne l’essenza più profonda. Vive e lavora con i suoi animali in una casa di campagna in Friuli Venezia Giulia.
Giorgio VALENTINUZZI "Nasco all’improvviso a Udine in una sera di dicembre dell’altro secolo, alle ore 21.28. In seguito scopro di essere un sagittario con ascendente in leone. Inizio a scrivere e dipingere giovanissimo e non ho ancora finito. La mia carburazione è lenta: impiego circa 9 anni per imparare a tenere in mano il pennello e a pulirlo alla fine di ogni sessione di lavoro. In quel periodo indago in molte direzioni: figurativo, illustrazione, surrealismo, acidismo, geometrico, pop-art e altre di cui non riesco a dare un nome appropriato. Dai primi anni ‘70 e per tutti gli anni ’80, esploro il concretismo astratto geometrico, producendo più di 200 opere a olio di grandi dimensioni, che chiamo Serie Nera e contemporaneamente la figurazione surrealista. Dal ‘76 e fino a metà degli anni ‘90 mi dedico alla grafica moltiplicata, soprattutto nel campo della serigrafia, producendo decine di migliaia di fogli, miei e di diversi operatori visuali tra i quali: Bruno Munari, Ottavio Missoni, Julio Le Parc, Victor Simonetti, Hugo Demarco, Guido Tavagnacco, Luigi Spacal, Luciano Ceschia, Nane Zavagno, Fred Pittino, Giordano Merlo, Pietro De Campo, Aldo Colò, Mario Baldan, Giulio Piccini, Marcello D’Olivo ed altri ancora. Nel 1980 realizzo ALLUMINATI E GlOCHI: scrivo testi e sceneggiature per fumetti realizzati graficamente da G. C. e fondo il Centro Culturale I Contemporanei di cui sono Presidente. Dal 1981 aI '85 mi dedico alla musica: incido e produco 5 album e scrivo i testi e la musica di oltre 80 canzoni. In quegli anni compio una ricerca sui suoni e segni sintetici, realizzando quattro video in computer-art alla C.G.E di Roma. Nel 1982/1983 progetto e realizzo il MOTORTRAILER, palcoscenico multimediale, scarrabile, oleodinamico, per concerti e manifestazioni. Lo utilizzo nelle stagioni ‘83 e ‘84 in tour musicali col mio gruppo (V'Trails) in Italia; nel 1986 produco ARTE E. NATURA: LO SPIRITO DELLA TERRA, raccolta di serigrafie di 12 tra i più noti artisti del FVG; la gigantografia a colori relativa e fondo il Centro Culturale I Contemporanei a.c.; nel 1987 progetto e realizzo PATCHPATCHWORKWORK di Ottavio Missoni, scatola d’arredo con tessere serigrafiche intercambiabili; dal 2000 al 2002 progetto e realizzo R.E.G.G.A.E. potenziatore delle naturali difese dell’organismo per mezzo di onde elettromagnetiche; nello stesso anno LA MADRE DI TUTTE LE NEBBIE, nebbia in scatola; nel 2006, PRIMO TAGLIO: PITTURA SOTTO VUOTO. Scrivo poesie, racconti, romanzi, commedie, testi storici, tecnici e artistici e pubblico alcuni libri. Dal 1990 la mia pittura è cambiata radicalmente esplorando, approfondendo e sviluppando il tema della luce, del colore e della simultaneità degli opposti. Negli ultimi 15 anni con il Centro Culturale I Contemporanei a.c., organizzo e realizzo più di 100 manifestazioni e/o eventi artistici. Dal 2000 progetto ed eseguo web-pages per siti internet. Nel 2007 ho fondato I Contemporanei 3000. Dal 2011 produco e realizzo video. Ho esposto sia in Italia che all’estero."
Azienda Agricola
FERRIN
Località Casali Maione n.8 - Bugnins
CAMINO AL TAGLIAMENTO (UD)
Tel. 0432 919106
Fax 0432 919949
www.ferrin.it - info@ferrin.it
I CONTEMPORANEI 3000
CENTRO CULTURALE
Via Alessandria, 73/12 - UDINE
Tel. 0432 44444
Evento n. 114
Idea, organizzazione,
ricerche, testi,
inviti, allestimento,comitato scientifico,
progetto grafico, marchio, impaginazione, stampa,
pagine web, testi, revisione testi, eventuali errori:
Giorgio Valentinuzzi
Allestimento:
Fabiola Tilatti Ferrin &
Giorgio Valentinuzzi
La foto di Giorgio Valentinuzzi è di:
Marco Codutti
La foto di Giorgio Dal Canton è di:
Giorgio Valentinuzzi