OMAGGIO A
GIOVANNI NAPOLEONE PELLIS
(Pittore)
1888-1962
1888 - 19 febbraio: Giovanni Napoleone Pellis (Joannes Napoleon sul registro battesimale) nasce a Ciconicco di Fagagna, da Valentino e Maria Zoratti, ultimo di tredici figli.
La sua casa natale è un grande edificio che anche oggi dopo una sapiente restauro, lascia intravvedere l'agiatezza dei proprietari.
Il Pellis si dimostra fin da piccolo determinato e convinto della sua scelta, non si piega ai desideri del padre che aveva per lui altri progetti, fare di lui un tecnico dell'agricoltura o un medico.
1907-1911 Con l'eredità paterna, può continuare gli studi di pittura a Venezia ed iniziare ad esporre i suoi dipinti.
1912 - Viene congedato dal servizio militare, trascorso a Torino.
1914 Vinta la borsa di studio Marangoni, va a Roma.
1915-1917 Viene arruolato nel Genio e presta servizio a Tolmezzo, Dogna, Val Studena, Pal Piccolo e Pal Grande.
1918 È trasferito nella zona a Legnago, per la difesa all'Adige.
1919 Ritorna in Friuli e trova la casa dei fratelli distrutta e difficile il suo reinserimento nella vita, per cui va a Torino a fare l'imbianchino: inizia per lui la serie degli esaurimenti.
1919-22 Ritorna quasi subito e va a dipingere a Sauris.
1922 Partecipa alla Biennale di Venezia con il grande quadro "Il viatico".
1924 Va ancora a Roma, fruendo della borsa di studio Marangoni.
1925-29 Vive a S. Giorgio di Nogaro presso il fratello Giacomo, sempre soffrendo di esaurimento.
1931 Costruisce con le proprie mani e con pochi operai la sua casa alle falde del colle di Udine.
1932 Sposa la professoressa Luigia Zennaro: da allora alterna i periodi udinesi con quelli trascorsi in montagna.
1962 Il 2 febbraio: muore improvvisamente a Valbruna per broncopolmonite.
Joannes Napoleon Pellis:
ricordi autobiografici e lettere
Giovanni Napoleone (Joannes Napoleon sul registro battesimale) nasce a Ciconicco, frazione del Comune di Fagagna il 19 febbraio 1888, da Valentino e Maria Zoratti.
La sua casa natale è un grande edificio che anche oggi dopo un sapiente
restauro, lascia intravvedere l'agiatezza dei proprietari. In un grande cortile
ben curato troviamo, ultimo di sette fratelli il Pellis bambino, vivace, un po'
monello ma soprattutto già predisposto verso quell'arte che egli chiamerà nel
suo diario "un male dalle radici profonde".
Sono memorie che portano nel suo mondo e le parole diventano presto immagini. "I
migliori ricordi della mia infanzia sono: la passione pei colori e per l'argilla
con cui mi divertivo a costruire nidi con uccelli e pupazzi e animali, la
passione di correre col cane e gli amici per la campagna assolata in cerca di
nidi,l'uccellare col vischio o con le reti e l'inverno a sgambettare, più pazzo
del mio cane, dove la neve era più alta. Fattomi più grandicello sentii in me un
bisogno prepotente di impadronirmi della matita e dei pennelli e per dare sfogo
a questa passione, seguivo i contadini nel loro lavoro sia con gli animali o
senza per cogliere i loro movimenti." Un bambino come tanti altri, però già
attento e osservatore, attratto dalle cose belle, dalle forme e dal colore.
Nel suo taccuino nero descrive con minuzia i luoghi della scuola, le persone e
perfino traccia, semplici disegni per illustrare meglio i suoi ricordi. Se li
lasciamo parlare riusciamo a "vedere" il mondo in cui ha vissuto i primi anni di
vita, un mondo vicino a tanti di noi nati e cresciuti in questi luoghi.
"L'aula della prima e seconda elementare era stata ricavata in una casetta
dietro la canonica del parroco, quasi a ridosso del Coro della chiesa, sul
margine della stradina che porta al cimitero, dietro il quale si allargano i
colli, fin sotto Fagagna, Moruzzo e S. Margherita, con in basso il castello
medioevale di Villalta, castello di triste storia. Il nostro insegnante era il
cappellano Ciani di Ciconicco della cui famiglia devo ricordare il fratello
parroco quasi centenario[...].
Di questi primi anni di scuola non ho molti ricordi. Mi sono rimaste impresse due cose; l'una ch'io durante l'autunno e inverno partivo da casa avvolto in uno scialle di lana rossa, che dava molto fastidio ai tacchini che trovavo immancabilmente sul piazzale della chiesa e che mi facevano correre, l'altra le "sardelle" che il maestro ci dispensava sovente e volentieri con una bacchetta sulle mani e poi fermi in ginocchio su due sassi fino alla sopportazione. Questo succedeva ogni qualvolta si faceva qualche birbonata o non si sapeva la lezione. Per la terza elementare passammo nelle nuove aule di un edificio costruito fra Ciconicco e Villalta per la comodità degli alunni di questi due paesi che si guardavano in cagnesco. Durante la terza classe cominciai a disertare la scuola attratto da qualche nidiata scoperta nella nostra campagna o per correre con gioia folle sulla neve in aperta campagna col mio fedele cane Pin[...]. Il quarto anno scolastico a Fagagna, sul colle del castello in una casa gigantesca ad un piano ricavato sopra il portico a due archi a tutto sesto che serviva molto bene per i 10 minuti di ricreazione. Questa casa ricavata a ridosso del colle, era l'unica costruzione nobile fra le poche vetuste e povere costruite forse con i ruderi delle tante mura del castello [...]. Per recarmi dunque a scuola su questo castello [...] partivo la mattina da Ciconicco in compagnia di un ragazzo di un paese più lontano del mio [...] portavo la colazione con me, che consumavo in casa del maestro e la sera si faceva ritorno in famiglia. In quell'anno ebbi modo di imparare diverse cose inerenti all'artigianato, di sviluppare e migliorare quel mio disegno che andavo facendo dal vero per campi e in famiglia [...].
A queste cose mi dedicavo con passione e amore, ma a danno dello studio, naturalmente. Non mancava poi qualche lezione di plastica con l'argilla che ci procuravamo noi stessi e l'esecuzione di cappelli di paglia e di altre cose con trucioli di vari sgargianti colori e qualche disegno da foglie vere [...]. L'aula era divisa in due settori a sinistra i ragazzi a destra le bambine e fra queste una bellissima di carnagione chiara e cappelli neri come gli occhi, con tono di voce che incantava e non priva di intelligenza; una bambina insomma che mi piaceva. Aveva la casetta una povera e linda casetta, di fronte la scuola e ricordo ancora sua madre, che l'assomigliava, pronta sull'uscio ad aspettarci all'uscita[...]".
Sono anni spensierati per un bambino felice. attratto dalla natura, dalle
amicizie e dagli svaghi che quel mondo paesano poteva offrire. Una serenità di
breve durata a cui seguirono dolori e responsabilità che certamente imprimono
nella sua personalità, un segno profondo e duraturo; e forse tutte le "ombre" di
quel suo carattere introverso e tormentato si disegnano già in questi anni ed è
stato impossibile per lui cancellarle durante la vita.
"[...] In quel periodo (avevo allora 9 anni) la mamma si ammalò e nulla valse a
salvarla. Povera mamma, ricordo benissimo, che, sentendosi mancare, mandò a
prendermi a scuola per rivedermi e baciarmi l'ultima volta. Era molto bella e
buona e caritatevole. Non mi permisero di prendere parte ai funerali e fecero
male. Mi fu raccontato che le tributarono grande manifestazione d'affetto, in
modo particolare dai poveri. Fu per tutti una perdita assai grave [...]. Mio
padre morì ch'io non avevo ancora sedici anni [...]. La morte del papà segnò il
tracollo della nostra famiglia, tre fratelli già anziani e sposati vollero la
divisione dei beni di quell' azienda agricola che al padre saggio ed economico
costò tanto lavoro e tante preoccupazioni [...]".
Pellis si dimostra fin da piccolo determinato e convinto della sua scelta, non
si piega ai desideri del padre che aveva per lui altri progetti.
"[...] Addio speranze paterne di fare di me un tecnico dell'agricoltura o un
medico, o un mozzo di marina, piuttosto di sacrificami (come diceva lui) ad
un'arte piena di incognite e grama di risorse materiali[...]".
È ammirevole però, visti i tempi e anche i sistemi educativi, la disponibilità
di suo padre che ascolta i desideri di quel piccolo "ribelle" e accetta di
cambiare i progetti che aveva per lui.
"[...] Un anno ancora prima che mio padre morisse, fu invitato a casa nostra il
pittore Rigo Leonardo di Udine, bellissimo uomo, intelligente e di idee moderne,
affinché potesse dare un parere ed un consiglio in pro o contro il mio desiderio
di iscrivermi ad una scuola d'arte e possibilmente all'accademia di Venezia.
Visto quello ch'io andavo facendo, informato della mia disperata volontà di
vincere la contrarietà dei miei per raggiungere il mio scopo, lo udii con gioia
perorare la mia causa per convincere mio padre ad accontetarmi. Lo vedo ancora a
tavola a fianco di mio padre che mi guarda sorridendo con quegli occhi grandi e
neri, loquace e spiritoso [...]".
Dopo una breve e negativa esperienza udinese sotto l'insegnamento del prof.
Milanopulo "che nulla aveva a vedere con l'arte di cui l'insegnante era sordo
[...]" incomincia per Pellis l'avventura veneziana, interrotta dal servizio
militare, ma così intensa da lasciargli dentro un desiderio prepotente di
tornare in quella città.
"[...] Dopo alcuni mesi decidono di mandarmi a Venezia. Trovo da sistemarmi
dallo scultore di legno Piazza, che lavorava in santi, angioletti e Madonne per
le chiese [...]. Di questo scultore ammiravo la bravura formidabile nel
preparare, con l'aggiunta di pezzi di cirmolo, il blocco vuoto per la statua o
angelo che fosse e la velocità con cui abbozzava le figure senza tante misure o
modelli. Peccato che a quel brevissimo artigiano mancasse quel senso di
interiorità e di maturità che fa grande l'arte, in qualsiasi modo espressa.
Frequentai così la scuola del prof. Arch. Rinaldi [...]. Passarono due anni
scolastici poco regolari, presi dal desiderio, come mi succedeva sempre, di
vagare per Venezia, per musei e chiese, o a dipingere a modo mio, sia sotto il
sole o con la luna [...]".
Il servizio militare allontana Pellis da Venezia. Lo troviamo a Torino,
costretto ad un periodo di vita che lo annoia, ma anche qui cerca la salvezza
nella sua passione: il disegno.
"[...] Mi iscrivo alla scuola serale di disegno anche per sottrarmi alle noiose
trombette della caserma. Faccio qualche conoscenza entro in qualche studio.
Visito musei e qualche volta le trombette mi chiamano in prigione per fesserie
[...]. Ovunque ci portavano, nel mio zaino non mancavano mai i colori [...]".
Assolto il servizio militare, vince la borsa di studio destinata a giovani
artisti e trascorre a Roma il periodo che precede il richiamo alle armi, allo
scoppio della prima guerra mondiale.
"[...] Vinsi il pensionato Marangoni e poco dopo partii per Roma e trovai studio
in via Margutta 33, scegliendo per maestro, secondo l'obbligo del testamento
Marangoni, il pittore Sartorio [...]".
La guerra 1914/18 si inserisce come tempo di disagio grave nella giovane vita di
Pellis già tanto provata.
"[...] La guerra ci chiamò al grande conflitto nell'aprile del 1914 (sic.). Una
guerra tremenda sopportata eroicamente, in condizioni di inferiorità fino alla
ritirata sul Piave, dove ogni soldato si moltiplicò per due e per tre,
rigettando il nemico oltre 1a frontiera. Uscito da questo inferno-maledetto,
ritornai alla mia casa distrutta, carico di dolori reumatici e con l'aggiunta
del tifo che mi rovinò il fisico per mesi. Alla fine di questo malanno ritornai
a Roma dove trovai a stento una cameretta [...]".
Prima di tornare a Roma, però trascorre un breve sfortunato periodo a Torino.
"[...] Dopo molte ricerche e raccomandazioni per poter entrare come allievo e
garzone dell'affreschista Casanova, mi indirizzarono a Torino dove Casanova mi
avrebbe accolto nel suo studio. Felice di questa soluzione in una città a me
nota e bella. Partii in cerca di una camera con molte speranze nel futuro[...].
Pensai di presentarmi, non senza commozione all'affreschista Casanova. Un uomo
dall'aspetto e di maniere cortesi mi accolse molto gentilmente e mi presentò i
suoi due collaboratori [...]. Si stabilì subito l'orario di lavoro per quello
che riguardava la decorazione di un caffè con bar [...]. Ma la cosa non mi parve
molto chiara [...] tanto che un giorno mi decisi di interrogare l'aiutante
veneziano, sulla personalità dell'affreschista Casanova. La risposta è stata
avvilente. La persona alla quale fui tanto raccomandato [...] anziché rivolgere
all'affreschista la raccomandazione arrivò al fratello, che non aveva nulla a
che vedere con l'affreschista di sede a Bologna. Dello sbaglio non ho mai saputo
chi ringraziare [...]".
Nella sua vita è già entrata una donna speciale e preziosa che gli sarà compagna
e guida e amica fino alla morte: Luigia Zennaro. A lei il Pellis fa riferimenlo
nel bene e nel male. Anche da Roma le scrive e la informa minuziosamente del suo
soggiorno e delle sue difficoltà.
"[...] Lo studio, ch'io chiamerò Tarpeo, proprio dietro il palazzo Caffarelli
sul Campidoglio, è sotterraneo, vale a dire a piano terra, poiché il palazzo è
costruito in gradinate. Tranquillissimo ma con poca luce. Questo è il suo grande
danno. La porta, che fa pure da finestra mette in un piccolo orticello a due
gradinate chiuso da rete metallica. Anche questo lo sto mettendo in ordine per
seminare e piantare fiori. L'interno, che mi dà e mi diede tanto lavoro, lo
trasformai parte in camera da letto e studio, come vedi dalla pianta. Quello di
villa Strohelfern è piccolo, ma il grande parco mi permetterà di dipingere
all'aria aperta [...]" (1923).
"[...] Di Roma che dirti? Meravigliosa sempre più meravigliosa. Povero Pellis
che ha dovuto abbandonarla [...]. Le romane pure sempre belle, gli amici fanno
denaro ed io faccio..." (1924).
Tra i ricordi, del taccuino nero, troviamo testimonianza anche del periodo
romano, non certo facile, ma pieno di speranze, illusioni e delusioni.
"[...] Dopo lunghe ricerche occupai finalmente una stanza sulla Rupe Tarpea
nello scantinato del palazzo Caffarelli, cedutomi da De Chirico e da altri due,
colleghi, con un lettaccio e una sedia fuori uso, senza possibilità di acqua e
di gabinetto [...]. In un secondo tempo, dopo tante preghiere rivolte al signor
Strohelfern, proprietario della villa Strohelfern fuori Porta del Popolo,
ottenni per l'affitto di 10 e poi 19 lire mensili una baracchetta di legno m
2x2.90 posta sotto fronzuti alberi a pochi passi dallo studio di Brozzi e di
Oppo, Moggioli, Drei e di Bocchi e altri conoscenti tutti abitanti nello stesso
parco, ma in belle villette o in case di due o tre piani. Dormivo e lavoravo nel
sotterraneo in Rupe Tarpea ma ogni mattina, di buonora mi recavo alla villa
Strohelfern a ritirare la posta o a visitare di quanto in quanto gli amici
colleghi, con i quali mi trovavo pure ogni sera al circolo artistico durante la
scuola del nudo quale socio [...]. Non mi fermai molto in quel sotterraneo [...]
. Dopo alcuni mesi mi trovai uno studio in via Napione, dove aveva lo studio a
pianterreno lo scultore Cellini e sopra lo scultore Stagliano, a fianco dello
studio del pittore Benech. Io in soffitta con una intera parete di vetri, che
l'estate scaldava,l'inverno diventava una siberia [...]. Quello che guadagnavo
facendo il decoratore non mi bastava per vivere e non sapevo più cosa impegnare.
Vendere un quadro non era facile e ci riuscii di rado. Quando la situazione
stava facendosi più critica, arrivò l'amico Valentino Ciani per visitare la
città. Passammo così alcuni giorni girovagando per musei e infine decidemmo di
partire per S. Giorgio, dOve mio fratello Giacomo conduceva una azienda agricola
in società con i cognati. Partii a malincuore, ma cosa potevo concludere con la
debolezza in aumento! Meglio sarebbe stato ritornare dopo una buona
villeggiatura [...]" (nota del 1924/25).
Così Pellis, a malincuore torna in Friuli e comincia per lui un periodo
difficile e critico, sia per la cattiva salute, ma soprattutto per il tormento
di non aver ancora trovato forse un porto tranquillo, ossia una dimensione di
serenità e di concretezza. È ormai un uomo maturo, che ha bisogno di fermarsi e
invece vaga da un luogo all'altro; di questa inquietudine sono segnate le
lettere a Luigia Zennaro.
"S. Michele al Tagliamento - giovedì (1924/25). Sono partito da Collina la
vigilia della Pasqua e la domenica, lunedì e martedì mi fermai a Ciconicco. Ho
passato le feste in famiglia ciò che non mi succedeva da tanto tempo. Non so
quando farò ritorno ai monti, ma certamente il mio desiderio sarebbe per
l'autunno. Così dovrei fermarmi qui per qualche mese per alcuni ritratti e un
mese a Udine per egual cosa. Ma non so cosa succederà perché sono tante cose che
mi spezzano l'anima. Vorrei esiliarmi per sempre dal Friuli e crearmi una stanza
che sia mia, dove mi sia possibile tenere ogni cosa e dare sfogo alle mie
passioni. Ma non è facile ed intanto mi tormentO con l'ansia del profugo
errante. Forse, dopo questa nube, ritornerà ancora il sereno, ma non è così che
potrò continuare. Non sono più vent'anni. Sono nell'età di concretare con le
massime forze stanco di posarmi provvisoriamente in troppi luoghi, ciò che mi
rende impossibile di concretare [...]" (1924/25).
"[...] Da due settimane però sono demoralizzato e tento ogni sforzo per
superarmi a favore del mio lavoro che ne risente non poco. Di questa mia
situazione sono stanchissimo e Dio faccia che finisca presto. Così non potrò mai
creare ciò che mi sta a cuore. Impossibile. La mia sensibilità, che se non pare
tale, lo è egualmente, ha bisogno di altra vita. Dinamico come io mi sento e
profondamente sincero senza essere cattivo, devo dire e fare quello che sento,
tutto ciò che impetuosamente mi nasce dal profondo dell'anima sempre più acceso
dall' arte mia che devo portare bene più in alto di quello che portai fino qui.
Illusione d'artista - No! Cento volte no, perché quando moralmente sarò altro
uomo a tu per tu con la natura, canterò il mio poema più folle. Oggi come oggi,
ogni mio entusiasmo s'infrange contro pareti che non capiscono né me né l'arte.
Finirò per sfuggire tanti affetti e chiudermi in un mio regno, anche povero, ma
ricco di sole libero e fecondo con un solo affetto. Questo vivere mi opprime e
mi toglie le più virili forze a danno dell'arte e dello spirito [...]" (1927).
Ha già scoperto la montagna che gli entra dentro di prepotenza come una
malattia, non come motivo di pace, ma desiderio di conquista, volendo egli, per
tutta la vita, riuscire a coglierla vera e mutevole nelle sue tele, sempre in
lotta con le intemperie ad attendere la neve e il sole, a cogliere la luce delle
albe e dei tramonti, a distruggere quelle tele dove questo suo intento non gli
pare raggiunto. I luoghi che predilige, e che segnano tempi importanti della sua
attività sono Collina, Forni di Sopra, ma soprattutto Sauris e Valbruna più
tardi.
Elisabetta Brunello Zanitti
Tratto dal catalogo "Giovanni Napoleone Pellis" pubblicato in occasione della mostra tenutasi a Fagagna nel settembre 1988.