I CONTEMPORANEI 3000
&
AZIENDA AGRICOLA
FERRIN
Località Casali Maione, 8 - Bugnins
33030 Camino al Tagliamento
Udine
presentano:
...chi vuol esser lieto sia...
Lorenzo de' Medici ritratto da Agnolo Bronzino
Mostra d'Arte
con:
Gianfranco CORDINI
(Pittura)
Pietro DE CAMPO
(Pittura)
Elena FALESCHINI
(Scultura)
Gianfranco FERUGLIO
(Sculture luminose)
Luigi MICOLI
(Gin)
Denis PANIGUTTI
(Pittura)
Giorgio VALENTINUZZI
(Pittura)
Làgabo VANTONJI
(Pittura)
dal 27 aprile al 15 maggio 2013
dalle 18.18 in poi...
Azienda Agricola
Paolo FERRIN
Bugnins (loc.
Casali Majone)
Camino al Tagliamento (UD)
Un breve cenno sugli artisti partecipanti:
Gianfranco CORDINI Trieste, pittore, vive attualmente nella sua città natale, dopo aver soggiornato a lungo a Roma e Hong Kong. Predilige la composizione basata sul tema paesistico, trovando un saggio ed equilibrato dosaggio nella ricerca del colore postimpressionista e individuando volta per volta i termini focali onde attrarre più puntualmente l’attenzione dell’osservatore.
Pietro DE CAMPO nasce a Udine nel 1939. Ha frequantato l'Istituto Statale d'Arte di Udine, allievo di Toni Menossi, Dino Basaldella, Luciano Perissinotto. Ha collaborato per diversi anni con lo scultore Luciano Ceschia nel laboratoriodella Collina dei Ciliegi di Collalto di Tarcento. Ha partecipato a numerosi concorsi ed esposto in mostre personali e collettive in Italia e all'estero, tra cui: Biennale Triveneta di Tarcento; Feletto Umberto (personale); Biennale personale galleria Morena Tricesimo; Azienda di Promozione Turistica di Trieste; Galleria Prisma di Verona (personale); Casa della Confraternita Castello di Udine (personale); Verona "Revival della Pittura"; Moggio Udinese "La parola rilevata l'invisibile visibile"; Sidney "Omaggio agli Artisti Italiani alle Olimpiadi"; Udine Galleria d'arte Palladio "Itinerari sacro e profano"; Jesolo (Venezia) Palazzo dei Congressi; Abbazia di Rosazzo "Incontro con la Luce"; Istambul "Sant Fuari"; Parigi Citè Universitaire du Paris; Montese (Modena) “Forum Artis Museum”; Bari "Expo"; Rivignano Casa Collavini "Premio Missoni"; Lumignacco "Premio Covassi"; Milano/Lugano "Libri d'artista"; Palazzo del Governo San Gallo (Svizzera); Museo Archeologico di Efeso "Il mito e il paesaggio"; Tolmezzo Palazzo Frisacco "Il volto e l'anima"; Venzone Palazzo Comunale "Croce del Mondo"; Abbazia di Sesto al Reghena "In cerca di Dio". Di lui hanno scritto: G. Angeli, C. Braidotti, L. Ceschia, W. Ceschia, L. Damiani, C. Feruglio, A. Giacomini, A. Ivanov, T. Novello, M. Piva, L. Perissinotto, M. Prando, G. Vasi, P. Levi, E. Santese, D. Cerroni Cadoresi. È stato presente nel catalogo nazionale "Arte Mondadori" dal 1997 al 2001.
Elena
FALESCHINI
"Indipendentemente dalla tecnica, tanto che la forma venga
scolpita nella pietra, sia che si ritrovi plasmata nell’argilla e a volte
riversata in bronzo dal sacrificio canalare della cera fusa, l’immagine di cui
Elena si fa tramite comunica sempre una sorta di naturale necessità della
propria espressione; come se il processo di definizione dei volumi fosse
costantemente innescato da una pressione endogena, da cui si determina la spinta
che poi l’artista disciplina nella superficie dell’involucro. E, in fondo, sono
tutte delle figure. Alcune (come Caino, o Liberazione) urlano la propria
individualità, compressa o lacerata, attraverso i solchi della terracotta:
calanchi tra cui esplodono masse muscolari e gestualità straziate, di chi sembra
volersi strappare di dosso una pelle che deve invece aver abbandonato da tempo
quei corpi scorticati. Altre ci parlano secondo schemi non narrativi, ma non
sono meno legate delle prime a quel calco tridimensionale dei nostri
rivolgimenti interiori che ci portiamo appresso – a volte persino con una
qualche grazia – e solitamente definiamo con termini quali corpo, fisionomia. È
questa la misura comunque evocata dalla geologia della materia che ci si
squaderna sotto gli occhi e svela, nell’incavo di cucitura delle proprie pagine,
la matrice femminina della nostra dimensione vivente. Anche gli altri elementi
della natura (Aria; Acqua e Fuoco) sembrano inevitabilmente proiettati a far
trasparire nei loro spessori di astratta rarefazione un sentimento di
corporeità: a tralucere è pur sempre un archetipo di forma che si muove “[…]
libera, come talvolta nella coscienza una parola vaga libera da ciò cui è
connessa e diventa qualcos’altro, non mero rumore […], ma un’entità nuova e
misteriosa, nuova e misteriosa perché in sé non è più soltanto e unicamente un
mezzo per significare qualcosa” . Egualmente svincolati da una semplice
rispondenza di senso ai termini lessicali della propria definizione sono i
rilievi in terracotta che Elena titola Deserti; visioni dall’alto, ma a volo
radente, in cui il cedevole paesaggio della Cirenaica o Tripolitania non si
distingue più dall’idea emergente della forma umana e nei quali – su tutto –
domina il valore della continuità: in superficie, come pure in un ipotetico
addentrarsi dello sguardo nelle stratificazioni del piano, si respira
un’omogeneità fra pulsione fisica e struttura mentale dell’immagine. Il bimbo
non ancora nato di Kubrick, sulle note di Richard Strauss, osservava dall’alto
dello spazio siderale un globo azzurro nel quale si poteva intravedere la
promessa di un futuro convergere di razionalità e contemplazione, progresso
scientifico e verità rivelata, per illuminazione del Principio. Il piccolo Uomo
della sabbia di Elena non si capisce da che lato del regno di Cronos venga.
Forse in lui percepiamo la vivente premessa ad ogni schema consolidato
dell’immagine di natura, e la nostra attenzione al trapelare della sua forma nel
tendersi alterno del suolo non è altro che un “ascoltare il passato con gli
occhi”, come direbbe Roger Chartier attingendo al miglior concettismo della
poesia spagnola del Seicento. Qualunque sia il percorso nel tempo che possiamo
immaginare per le sue opere, immediatamente percepibile è come Elena non
prescinda mai da un contatto fisico con le cose e le situazioni. Corpo, natura,
spiritualità sono vissuti fisicamente nel proprio divenire, quale che sia
l’approccio tecnico alla loro manifestazione nella scultura. Questo spiega la
presenza di archetipi orientali e, insieme, l’assenza di riferimenti culturali
alla misura classica; l’unico accenno alla cultura dell’antichità greca si
consuma attraverso il prestito di due maschere teatrali – una tragica e l’altra
da commedia – al corpo di un essere “bifronte” la cui sostanza è vissuta in
termini di sangue e con cadenze perlomeno ellenistiche, se non addirittura
postmoderne. E non manca, insieme al pathos, l’ironia. All’origine di una serie
di lavori c’è l’innesto su di un torso flessuoso di tubuli in plastica che
sembrano dover fornire ossigeno o azoto a un improbabile androide danzante: un
vero e proprio Capriccio, nel senso del divertissement artistico, non fine a se
stesso ma capace di innescare differenti e più complesse riflessioni
formali…Come il passo di tango in una Ines che, con il realismo anche pittorico
della sua figura, suona oggi strana, consapevolmente spinta al limite della
dimensione attuale del kitsch, come l’arciere del frontone di Egina quando ne
vediamo ricostruita l’attillata veste policroma. Bisogna raggiungere il culmine
della tensione realistica per avere chiara percezione di come la situazione
tratteggiata in apertura abbia una propria naturale controparte, in cui
l’impronta conosce un inverso ordine di lettura: ora è il terreno che si intrude
con le sue astrazioni geomorfe nelle pieghe delle sculture in ceramica, condotte
a un grado di puntualità descrittiva che si fa quasi provocatorio, nella
violenza esplicita del colore; e ogni elemento matrice lascia spazio alla forma
impressa di una vita, stampata nel cavo o nella plasticità delle sue emozioni.
Non crea differenza sostanziale, alla fine, che il dinamismo della materia si
inarchi nella linea dorsale di un’alata silhouette femminile o nella sintesi
astratta di un’onda dagli orli sfrangiati: lo sguardo rimane sensualmente
intento alla restituzione del momento contemplativo, carpito durante
l’evoluzione della frase musicale, fissato nel frusciante crepitio d’un lembo di
tessuto che inguaina fibre lunghe di danzatrice, o tradotto nel flettersi come
prolungamento di vertebre e tendini di un ideale arciere o di un’angelica, nera
polena, sfrontata nel suo protendersi su immaginati flutti. Non si dà
quindi effettivo stacco fra lo scavo drammatico delle linee in certe terrecotte
– unghiate feroci come il solco di un’aratura – e la propensione, nelle opere in
pietra, a interrogarsi ogni volta sul grado di finitura e finitezza, ovvero di
decoro e di articolazione esplicativa; con attenzione privilegiata, allora, per
uno sviluppo sul piano che non preclude la profondità, ma suggerisce una visione
di superficie-limite, ovvero di raccordo, fra dimensioni a un passo dal
conoscersi.
Ha esposto in numerose personali e collettive in Italia e all'estero."
(Fulvio dall'Agnese)
Gianfranco FERUGLIO "Sono nato a Udine. L’uomo è un viaggiatore, dello spazio a del tempo,del tempo della storia, ascoltata, vissuta. Un viaggio dove una marea di cose ci attraversa carica di emozioni...situazioni legate a memorie di primordi. nostalgie future, miti ed immaginario collettivo...uomo cacciatore di queste cose...e raccoglitore...elabora...ricama, o riduce, andando all’essenziale...così nasce l’oggetto vero, nell’intento di dare emozioni precise...oggetti come porte d’ingresso al mondo di chi le crea...ed il suo ingresso nel mondo degli altri."
Luigi MICOLI Grande esperto di champagne & gin. Fine parlatore e ottimo amico.
Denis PANIGUTTI Sono nato a Codroipo il 18 giugno del 1970. La mia formazione scolastica è tecnica e non ha niente da spartire con una qualsiasi forma d'arte. Fin da bambino però ho sempre mostrato interesse per musica e disegno, materia che ho sempre praticato in maniera saltuaria. Nel 2002 grazie alla conoscenza del pittore Vittorio Basaglia ed alla frequentazione del suo studio inizio a dipingere in modo continuativo. Partito dal disegno e dai chiaroscuri, dopo uno studio sul comportamento dei pigmenti applicati a materiali di diverso tipo, inizio a sperimentare le tecniche usate nella pittura informale. Dal 2005 circa, affascinato dal lavoro di Afro Basaldella ed Emilio Vedova, abbandono un percorso, fino a quel momento, principalmente figurativo, iniziando a sperimentare volta per volta l'uso dei vari colori e materiali, il toglierli, il rimetterli, il mescolarli, il diluirli direttamente sulla tela con l'aiuto di pennelli, spatole, oggetti casuali e a volte improvvisati. Una sperimentazione da autodidatta quindi, con il gusto di provare tante soluzioni tecniche diverse attraverso l'uso di acrilici, oli, carte, inchiostri, smalti e altri svariati materiali. Studio e gestualità si fondono così in un mix di pennellate e segni volti a far emergere le emozioni nascoste nella memoria del mio percorso di vita, ritrovando spesso sensazioni ormai perse. Colori non più schiavi di forme e di figure esplodono armonicamente, trasformando il pensiero, l’idea, in pura emozione. In questa naturalezza priva di schemi estetici, si rivela il reale stato d'animo di quel preciso istante. Stato d’animo che viene raccontato attraverso accostamenti cromatici e linee che percorrono la strada di un astrattismo puro che vuole comunicare in modo diverso e vuole farlo attraverso un linguaggio non circoscritto a canoni prestabiliti. Massima istintività nel dipingere quindi, espressione di un bisogno interiore di ricerca e libertà. Da alcuni anni conosco il Maestro Giorgio Celiberti e lo frequentanto tentando di far tesoro dei suoi suggerimenti...ho esposto in collettive varie e alcune personali.
Giorgio VALENTINUZZI "Nasco all’improvviso a Udine in una sera di dicembre dell’altro secolo, alle ore 21.28. In seguito scopro di essere un sagittario con ascendente in leone. Inizio a scrivere e dipingere giovanissimo e non ho ancora finito. La mia carburazione è lenta: impiego circa 9 anni per imparare a tenere in mano il pennello e a pulirlo alla fine di ogni sessione di lavoro. In quel periodo indago in molte direzioni: figurativo, illustrazione, surrealismo, acidismo, geometrico, pop-art e altre di cui non riesco a dare un nome appropriato. Dai primi anni ‘70 e per tutti gli anni ’80, esploro il concretismo astratto geometrico, producendo più di 200 opere a olio di grandi dimensioni, che chiamo Serie Nera e contemporaneamente la figurazione surrealista. Dal ‘76 e fino a metà degli anni ‘90 mi dedico alla grafica moltiplicata, soprattutto nel campo della serigrafia, producendo decine di migliaia di fogli, miei e di diversi operatori visuali tra i quali: Bruno Munari, Ottavio Missoni, Julio Le Parc, Victor Simonetti, Hugo Demarco, Guido Tavagnacco, Luigi Spacal, Luciano Ceschia, Nane Zavagno, Fred Pittino, Giordano Merlo, Pietro De Campo, Aldo Colò, Mario Baldan, Giulio Piccini, Marcello D’Olivo ed altri ancora. Nel 1980 realizzo ALLUMINATI E GlOCHI: scrivo testi e sceneggiature per fumetti realizzati graficamente da G. C. e fondo il Centro Culturale I Contemporanei di cui sono Presidente. Dal 1981 aI '85 mi dedico alla musica: incido e produco 5 album e scrivo i testi e la musica di oltre 80 canzoni. In quegli anni compio una ricerca sui suoni e segni sintetici, realizzando quattro video in computer-art alla C.G.E di Roma. Nel 1982/1983 progetto e realizzo il MOTORTRAILER, palcoscenico multimediale, scarrabile, oleodinamico, per concerti e manifestazioni. Lo utilizzo nelle stagioni ‘83 e ‘84 in tour musicali col mio gruppo (V'Trails) in Italia; nel 1986 produco ARTE E. NATURA: LO SPIRITO DELLA TERRA, raccolta di serigrafie di 12 tra i più noti artisti del FVG; la gigantografia a colori relativa e fondo il Centro Culturale I Contemporanei a.c.; nel 1987 progetto e realizzo PATCHPATCHWORKWORK di Ottavio Missoni, scatola d’arredo con tessere serigrafiche intercambiabili; dal 2000 al 2002 progetto e realizzo R.E.G.G.A.E. potenziatore delle naturali difese dell’organismo per mezzo di onde elettromagnetiche; nello stesso anno LA MADRE DI TUTTE LE NEBBIE, nebbia in scatola; nel 2006, PRIMO TAGLIO: PITTURA SOTTO VUOTO. Scrivo poesie, racconti, romanzi, commedie, testi storici, tecnici e artistici e pubblico alcuni libri. Dal 1990 la mia pittura è cambiata radicalmente esplorando, approfondendo e sviluppando il tema della luce, del colore e della simultaneità degli opposti. Negli ultimi 15 anni con il Centro Culturale I Contemporanei a.c., organizzo e realizzo più di 100 manifestazioni e/o eventi artistici. Dal 2000 progetto ed eseguo web-pages per siti internet. Nel 2007 ho fondato I Contemporanei 3000. Dal 2011 produco e realizzo video. Ho esposto sia in Italia che all’estero."
Làgabo VANTONJI
Azienda Agricola
FERRIN
Località Casali Maione n.8 - Bugnins
CAMINO AL TAGLIAMENTO (UD)
Tel. 0432 919106
Fax 0432 919949
www.ferrin.it - info@ferrin.it
I CONTEMPORANEI 3000
CENTRO CULTURALE
Via Alessandria, 73/12 - UDINE
Tel. 0432 44444
Evento n. 119
Idea by Carlo Milic & Giorgio Valentinuzzi
Organizzazione,
ricerche, testi,
inviti, allestimento,comitato scientifico,
progetto grafico, marchio, impaginazione, stampa,
pagine web, testi, revisione testi, eventuali errori:
Giorgio Valentinuzzi
Allestimento:
Fabiola Tilatti Ferrin &
Giorgio Valentinuzzi
La foto di Giorgio Valentinuzzi è di:
Marco Codutti