UN TEMPO

Racconti brevi

di

Giorgio Valentinuzzi

1973

 

 

 

PASSEGGIATA NOTTURNA

 

Ascolto russare la via deserta mentre cammino non senza brividi accanto al vecchio mulino. Nel viottolo sterrato che fila rasente la roggia qualche gatto randagio miagola alla notte e da un sostegno metallico ricadono in basso pelli di coniglio stese ad asciugare. Dei pipistrelli entrano ed escono svolazzando caoticamente da finestre prive di vetri. La Casa è cinta da una muraglia semidiroccata. Una selva d'ortiche altissime le ondeggia intorno. I gelsi sono stati potati da poco, ma i rovi s'aggrappano ancora ai loro tronchi imperfetti. La vite cresce selvatica: s'impenna su una terrazzo sprovvisto di ringhiera. Il vento agita le porte che stridono sui cardini. La vecchia Casa pare respirare.

 

Spingo la porta a pistoni dell'osteria. Rosa sta dietro il bancone di marmo. Il suo naso è bitorzoluto e tre lunghi peli spuntano da un grosso neo sulla fronte. Sta là da tempo immemorabile a traghettare taglietti agli avventori. Veste da sempre in una tonalità di rosso cupo che évoca il mosto nei tini. Il suo locale non è spazioso. Tre tavolacci e qualche sedia scricchiolante. Su di un vassoio screpolato, in ceramica, c'è il vaso dei biscotti con le mandorle. Sparsi intorno vi sono zuccherini colorati, fiaschi impagliati, bicchieri di varie fogge. Alle sue spalle in una vetrinetta a vetri stampati, c'è una vetusta bottiglia smaltata di rosolio. Accanto l'ingresso, una scopa, un secchio di zinco, due damigiane vuote. Il locale prende luce e odore di stalla da un'unica finestra, minuscola, con le sbarre. Sulla strada acciottolata transita un carro trainato da un cavallo. Qualche filo di fieno s'impiglia alle sbarre. L'odore cambia. La vecchia Rosa diviene immortale immergendo la mano candida nel vaso dei biscotti.

 

Il campanile sovrasta un monumento di fantasmi. Un rintocco di campana risuona. E' un nuovo giorno. Quattro autocarri sonnecchiano sul bordo della strada coperti da teloni pesanti. Oltre i tetti l'Universo infinito. In un cortile un tiglio secolare agita i suoi rami al vento.

 

Mi guardo attorno nel minuscolo negozio. Il profumo è dolce e pulito. Le cassette con la frutta e le verdure sono disposte contro le pareti. La vecchina emana serenità. E' un po' sorda ma è così minuscola e fragile che non sta bene parlarle alzando la voce. E' preferibile indicarle con l'indice ciò che si desidera. Stringo le lirette di carta in una mano e mi pare di poterle acquistare ogni cosa desidero. E' una cerimonia che si rinnova ogni sera, la nostra. Lei ignora le clienti adulte che vanno sempre di fretta e tratta con noi bimbetti quasi fossimo dei grandi commercianti. Posa sul banchetto accanto la bilancia tutto il suo campionario di dolciumi: dai lecca-lecca alle più recenti gomme da masticare. Ci sono strassaganasce e carrube secche, offerte speciali, gianduiotti e bastoncini caramellati colorati. Gianduia alle arachidi macinate con le figurine dei calciatori e dei ciclisti più noti. Stecche di liquirizia e zucchero soffiato. E' emozionante fare la spesa da Luigia.

 

Siedo sull'argine, guardo l'acqua e più lontano il ponte. Un metronotte transita infagottato in un soprabito dal bavero rialzato. In testa, un berretto con la visiera. La borsa a portafoglio con la frittata e la minestra fredde è agganciata al portapacchi della bicicletta. I pedali cigolano sui perni. E' una vecchia bicicletta arrugginita. Anche il proprietario è un vecchio. Lo si nota da come trema e guarda nel buio.