g i o r g i o v a l e n t i n u z z i
CANTICO DEI CALICI
Poesie conviviali
1989-2002
Suite friulana dei morti
SUL FONDO DELL’OSCURITA’
mi si propone una
chiave i commorenti
Nella stanza l’odore del
sogno appena sognato
si confonde
con quello della nudità
dell’insperata gioia d’essere
vivi e oggi più sapienti di ieri
Viene tracciato un segno doppio
di facile incastro
e lettura
La stanza è segata lentamente
da una linea sottile
che è una nuova magia
e apre
Dal torpore qualcosa
mi riporta alla vita
però in un silenzio greve
Le visioni precedenti non
mi tranquillizzano
è la fame che prevale
l’appetito solido di primari
sapori da sempre conosciuti
Sul fondo dell’oscurità
rimangono i volti
sognati e (ora) ri-sognati
Il nuovo dolore ha in se'
i precedenti
e l’ovvietà comunica
con se' stessa
Siamo soli tu e io
maledetta notte bagnata
e acida d’umori
e Celso m’ha svegliato
camminando accanto al letto
riproponendosi vivo
lui
tra la folla di quei visi
I più lontani s’avvicinano
delusi e beffati da una morte
interiore che supera la terra
Sono noti questi nomi
nella cantilena dei ricordi
snocciolati alla rinfusa
Paolo trovò una morte accidentale
dopo tentativi personali andati a vuoto
Franco cozzò con l’auto in una canzone
Natalia non è neppure entità o ala spezzata invano
Armando voleva l’ascensore e arrivò
al traguardo sconosciuto da ognuno
Bernardo e Quinto se ne andarono per ossido
di carbonio e furono tacciati di omosessualità
Linda finì in un volo tragico dalla parte dei garages
Renato fu tradito dal cuore e il suo cervello
macchiò la tappezzeria della madre
Te ne andasti sorpreso Andrea com’eri vissuto
Patrizia
un gesto esotico
che fantasia
il curaro
Poi
l’assurdo vincente
l’olocausto degli eroi
mietuti per hero
Roberto che se la gestiva
Moreno abbandonato in un vicolo agonizzante dai suoi compagni
Gianni Centa Carlo Enore Alberto Susi tanti ancora
Un Minotauro reale
che fa quartini di realtà
Possediamo Dio
E’ un cancro
nascosto in noi
Questo non è un Dio Giusto!
Usurpa lo spirito con il Dolore
e fa l’acrobata intrigante
per costringerci a venerarlo
E’ una dèità di confusione
di annebbiamento
di persuasione
Non meno morti dei morti
sono certi vivi
Certi volti che non riesci a
ricordare
di cui ti accompagna soltanto
il nome nel difficile
incerto flusso del quotidiano divenire
Chi soffrì di irti dolori non
vuole più ricordarne la causa
preferisce una ricognizione nella
stessa sofferenza
come decorso
Ma Sandro scopava le morte
Sì Sandro scopava le morte
Proprio Sandro il mio amico?
Sì Sandro scopa le morte
Caterino salda i coperchi e
Sandro scopa le morte
Certi morti sono meno morti degli altri
Vado in giro con gli Amici defunti in auto
Ascoltando la radio e guardando il mio inferno
personale in autostrada ora vi faccio vedere
la Lombardia Brescia Bergamo Milano Varese
anche Grumello Dalmine Agrate
Ci andai con Stroili un morto falso
e con Zucca proprio morto da poco
quel gradasso mi colpì pesantemente ero
con Falaschi altro moribondo di mattina
in casa sua tra veri e falsi Schifano
Ma Sandro scopa le morte
sai Sandro si scopa le morte
Sandro il tuo amico
scopa le morte
Festeggiamo quei morti recenti
come festeggiamo il Natale
in silenzio e mezzi ciucchi
Le Vietnamite non parlano
sui Navigli piccole come sedie
dai garretti bassi sorridono
gli occhi semichiusi e obliqui
Carmelo che diniegava smenando
la testa da giovane
e da adulto diniegava rimanendo
nel ghetto delle sue conseguenze
qui avrebbe riso del suo amaro riso
e portato una pronta battuta a mio favore
ne derivasse pure un’altra a suo danno
Nelle carte giocando a briscola c’è una
frase magica che non vi dirò
La conoscenza è fatto privato
come il dolore che tento di pisciare
fuori da me
Ma Sandro si scopa le morte
Sandro si scopa le morte
Armido non ebbe mai una pelliccia
di scimmia ma tanti mattini nebbiosi
prima della fonderia ebbe mattini nebbiosi
e un lungo traballante lento approssimarsi
alla vecchiezza Armido già mezzo obnubliato
voleva morire in piedi (anche se) avvelenato al
banco da vini atipici e improbabili invece
morì spinto dai parenti in un ospedale
colpito a distanza da Dio come dissero
Dio delle fonderie e Dio dei laminatoi
Dio che tornisci e Dio che altiforni!
Ma Sandro si scopa le morte
Sì Sandro scopa le belle morte
Francesco dalle lunghe ciglia
Francesco dalla Mercedes bianca assurda
nella campagna bianca di brina bianco
Francesco dalle dolci parole che sbrinavano
il suolo e la pelle del freddo dolce Francesco
tra le stalle di Stefano e
il nostro arcano timore delle mucche e
delle lingue che lambiscono lingue
immense e piccole piccole cose della vita che
non finisce non finisce con una corda al collo
Ma Sandro si scopa le morte
Sandro si scopa le morte
Roberto mi disse
E’ confortante morire ci sei tu poi
con le parole
ma le parole
Antonio
le parole
rimangono parcheggiate come le nostre auto e le
nostre teste sul nulla delle parole
Chisari Antonino
il tuo amico Sergio m’ha regalato il tuo
pecorino
Senza bottiglie il tuo ricordo
senza nulla di niente
Affrettatevi a seppellire i vostri morti
Noi con calma seppelliremo i nostri
Questa è soltanto una suite Antonio il resto
viene e non per scenografia
I morti seppelliscano i propri morti
Ma Sandro si scopa le morte
Sì Sandro scopa le belle morte
O si muore giovani o si diventa vecchi
cantilenava mia madre
l’unico figlio di Giorgio diciannove anni
di sole
e Valentino di Dirce e Flavio settantaquattro
anni di che? Un attrezzo mortale è certamente
il poppatoio sono a Milano Città Vecchia
e pare che il tempo si sia fermato a Milano
Città Vecchia
scrivo
è il 1969
la folla è
il mondo
ce ne andiamo con borse capaci
i regali di Natale
non voglio regali
non posso fare nulla con quelli
datemi Amore
diamoci Amore
La folla che è un fiume
L’albero che è un sogno
Diamoci sorrisi
e parole
Diamoci
Ma Sandro scopa le morte
Sandro scopa le belle morte
Sono tornato infine al vecchio misfatto
la Poesia
Amputata per amore la mia destra
Non mi resta che guardare sulla superficie
increspata di questo infinito tavolo
o scappare rigido nella nuova oscurità
I visi vecchi e i mostri della notte
hanno lo stesso spessore le sei corsie
dei Lungosenna equivalgono
alle tre del mio inferno
Vado all’inferno amputato
Anche il sole e la luna hanno avuto la destra mozzata
Irma galleggia tra il suo nome
e il mio stupore
Finisco anch’io nel fiume in piena
che travolge il mio passato
L’avvenire il disordine
rami spezzati
prj prauljen sem’
ma pronto per cosa? Clara ogni cosa ha
la sua fine persino una trattoria
Sandro si scopa le sue belle morte
nude sul marmo noi fingemmo la
croce e fummo lapidati
Ogni cosa la sua fine
Finirà questo mare?
Le belle morte sentono?
Dal sangue nasceranno due ore di libertà?
Dallo stupore
Dallo stupore
NATALE SULLA TERRA
Siamo in sola acqua
Ghirla (VA) - Milano
18/23 dicembre 1989