I CONTEMPORANEI ringraziano il Comune di RIVIGNANO (UD) per il suo contributo alla realizzazione di questo catalogo.
Testi: Carlo Milic, Walter Angioletto Pitt, Giorgio Valentinuzzi
Le fotografie delle opere sono di: Giuseppe Pesce, G. Valentinuzzi, G. Cavassori, Giuseppe Di Lenardo
Esp. media com.: Barbara Lendervirikizs Savio Degano Fernando Gallici
Allestimenti: Giovanni Franzo, Silvano Gattel, Guido Torbia e I Contemporanei
Progetto grafico, comitato scientifico, coordinamento tecnico: Giorgio Valentinuzzi
Agente per l’Estremo Oriente: Sig.ra Lin Ling
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Giorgio Valentinuzzi |
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Conservare l'infanzia dentro di sé vuol dire conservare la curiosità di conoscere il piacere di capire la voglia di comunicare
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THE SHOW MUST GO ON... di Carlo Milic
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Certo, lo
spettacolo deve continuare ad ogni costo and
the band played on, il gruppo deve infatti suonare ancora anno, dopo anno.
E’ il senso più autentico della vita per l’arte, non un rincorrere in chiave romantica gli itinerari del presente, ma la manifestazione di un intenso e pertinace senso dell’obbligo nei confronti di una vocazione, un ruolo o, come diavolo, volete indicare quello stare al mondo, incurante di crismi o convalide da parte di questo o di quello. Un tempo, li si diceva nati sotto Saturno, saturnini insomma e quindi distanti da convenzioni o regole imposte. Poi l’onda romantica li ha visti votati a raggiugere quello che molti non percepivano possibile. Oggi li si classifica operatori culturali, genia da maneggiare con cura, anzi meglio lasciarli perdere, quando gli altri (quelli più lontani, distanti dal nostro quotidiano) li impongono come fari della nostra comunità. La strada quindi per artisti, come Giorgio Valentinuzzi, ritornato per sua scelta in periferia, non è certamente agevole.
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Coltiva
tuttavia rapporti di merito e di rispetto, liasons che lo vedono
au pair di personaggi di spicco della cultura nazionale ed
internazionale.
Ma ciò, in periferia, è cosa da sussurrare piuttosto che gridare a gran voce: perchè l’ordine è antico, il costume saldo e tradizionale, l’apparire sempre disdicevole. E tuttavia tale status incredibilmente comporta anche qualche vantaggio: il sentirsi ogni mattina ancora in grado di costruirsi degli itinerari diversi, di saper e poter scegliere se dipingere o far musica, se stampare una grafica o immaginare una rassegna d’arte per I CONTEMPORANEI, in Via Mercatovecchio, a Udine. E’ la sorte di Giorgio Valentinuzzi che ha riportato alla coscienza del Friuli, ARTE E NATURA: LO SPIRITO DELLA TERRA, operazione, per tanti impossibile, eppure a lui riuscita: radunare dodici maestri dell’Arte delle nostre terre e convincerli almeno per una volta nella vita a posare assieme per una magica immagine, e - se non bastasse ciò - creare una raccolta indimenticabile del loro tributo all’arte, un segno duraturo, che appunto, ad oltre dieci anni da tale evento stupisce e commuove, come nell’Ottantasei. E non è poco. Perché soltanto a qualcuno di questi nati sotto Saturno riesce ancora – in questa, come in altre periferie – di far guizzare la scintilla dell’imprevisto, tracciare un solco che rimarrà intatto e, anche a molti anni di distanza, capiterà di considerare e rispettare, proprio per la sua
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qualità
remota, ma sempre presente.
Saturnino, Valentinuzzi non cova solamente progetti, ma dunque li porta a termine, in una solitudine mirabile e sospettabile. Gli amici, che oggi ricordano con lui il suo genetliaco, sanno peraltro che la sua appartenenza al segno del Sagittario è forse l’unica copertura di vita, che si è assunto: infatti chi nasce il primo giorno di dicembre appartiene in realtà a quel mitico tredicesimo spazio dello zodiaco, che va sotto il nome del Serpentario. Stazione d’appartenenza singolare e rara, che permette tuttavia di attraversare insuperabili cortine di fuoco e di vento, sì da renderlo aduso alle prove più difficili. Così, per destino e per volontà, va innanzi Giorgio, chè nella vita occorre possedere quello sguardo che vincendo ogni costrizione della cultura riesce a riemergere sempre con l’innata crudezza dei selvaggi che amano le smorfie…Lo diceva Goethe e forse va bene anche per te e per noi.
Trieste, 1 dicembre 1997.
II° Ma un artista scriveva tanto tempo fa un saggio è come una lumaca: lascia alle sue spalle sempre una traccia argentea e da tale materia è possibile definire la sua natura.
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Inutile sarebbe la specifica che la traccia argentea è quanto consegna l’artista al suo tempo, in pensieri ed opere. Valentinuzzi del suo, indubbiamente ha consegnato a questa stagione congrue testimonianze dell’intenzione creativa. Di fronte a questa straordinaria ricchezza di dati materiali, da cui la pittura mostra innumeri volti espressivi, si potrebbe rimanere sgomenti. E tuttavia tutto risulta possibile ad una decodificazione, a diventare dati di una traiettoria, ove se ne colga la funzione, secondo la percezione reattiva dell’artista a cospetto della società, impegnata ad usare la cultura come uno strumento merceologico. Ghiaccio e fuoco dunque per combattere dimenticanza e assenza: in tale prospettiva (un esempio tra molte definizioni) appaiono all’opposto le Soluzioni/Frequenze modulari dei Settanta e il ciclo dell’8 Aprile ’90: che passa? Da un lato quindi un perfetto controllo della struttura tecnologica, con un impatto forte che, se acquista stimoli dal concretismo astratto è soltanto per farne una motivazione per il tentativo esperito di dare intenzionalità ideologica, umana e non astratta, al comportamento dell’individuo. Qualcosa di raggelante per innescare una controreazione positiva. Dall’altro, l’infuocato incontro con un linguaggio che si definisce e subito si autodistrugge nella poesia dell’astrazione lirica: ma qui Valentinuzzi sperimenta un ventaglio amplissimo di possibilità per tentare una mediazione tra intelligenza progettuale e scarico di energia e vitalità, che esaurisce l’operazione nel prodotto.
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Peraltro un
altro cardine felice del lavoro del pittore (e la notazione coinvolge forse
i tempi di una germinazione lontana) è il riscontro di una forte carica
dialettica, quella che secondo il Dadaismo storico conduceva alla
conciliazione degli opposti; Valentinuzzi infatti intende nel surreale la
matrice primaria di un’organizzazione rappresentativa, che nell’arco della
sua evoluzione, finisce per mostrare nell’opera la sua condiscenza per il
modello escheriano , cioè il necessario balzo dal magico umano
all’essenza più profonda della Natura, nel confrontare la costruzione
architettonica delle immagini entro lo schema ideale della struttura dei
cristalli, non per nulla anche l’indagine più recente, ordinata in base alla
lezione geometrica (che nelle sue campiture tuttavia mantiene il germe
dell’associazione/collisione di più piani cromatici), palesa la ricerca di
un linguaggio pittorico che restituisce l’oggetto estetico ad un’immagine di
Natura.
Tale deriva tuttavia non schiera l’artista, anzi, l’allontana da ogni possibile imbrancamento: perché per Valentinuzzi vale ancora una volta la frase goethiana, che più sopra abbiamo ricordato. Per il pittore quindi la pittura rimane un paradiso perduto da non dividere con gli altri.
Carlo Milic Ottobre 1999
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Frammenti da un’autobiografia di Giorgio Valentinuzzi
Ho provato un senso di profonda spossatezza nel redigere questo catalogo... immergere le mani nel tempo dettato, scandito da una lunga sequela di lavori, nel corso di tutti questi anni... non è stato facile..
Io scrivo, dipingo, leggo da sempre. Sono certo che le cattive letture mi hanno traviato fin da bambino: candela accesa sotto le coperte, verso i sette/otto anni leggevo Allan Poe, il suo le esequie premature, mi ha impanicato per anni, nel sogno e nella veglia; Dostoevskij, Kafka, Tolstoy, Cechov, Miller, Du Maurier..., in tanti passarono le notti nel mio letto caprigno ... ebbi molti compagni d’infanzia!
Tutto quello che tocco: foto, scritti, spartiti, etc... mi ricorda un passato sconfinato: Bruno diceva che chi vive nel passato invecchia... secondo me, alla fine, il rischio è invece quello di
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ripetere una ripetizione infinita di gesti... in pittura mi soffermo il tempo (minimo) necessario per capire e spostarmi ancora... lessi anche Nietzsche in tempi non sospetti! L’esperienza scolastica fu, naturalmente, un disastro! Fino alla terza elementare andò benino poi, in concomitanza con le cattive letture, iniziò a farsi largo nel felice e idiota marasma della mia infanzia il tarlo malefico della caducità della vita: a otto anni da una discrepanza della realtà, ebbi una delle mie prime visioni: la vita era una schifezza inutile e vana! La mia fanciulezza fu meravigliosa: avevo imparato che non accade nulla al di fuori della nostra mente... vivevo in me stesso, mi cibavo di me... un ragazzino scontroso e solitario si sarebbe potuto credere, senza compagni di gioco... ma io avevo avuto il sacro alimento da piombo... mi proiettavo films palpebrali con colonne sonore, se le situazioni (nel mio piccolo mondo) non mi garbavano ne cambiavo la sceneggiatura... ero immerso, io, nella finzione... da allora, da cucciolo ad adesso continuo a volare, inventare, sognare...
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Nell’agosto dello scorso anno venne a scaturire una | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
rifrequentazione con Giorgio Valentinuzzi
(per i precedenti si possono consultare le rispettive biografie), siamo
arrivati a discettare sul motivo di una struttura tridimensionale già
realizzata orsono una dozzina d’anni, ma che per comune opinione meritava
essere rivisitata e razionalizzata.
Da un quadro della serie nera (il periodo è tra i più interessanti e rappresentativi di Giorgio) nasceva l’idea dello studio finalizzato, già all’epoca, al dare volume e massa ad un trompe l’oeil cosa che è universalmente ritenuta tutta scema, salvo che per l’autore, per altro notorio dissenato. Il trompe l’oeil per sua definizione è un’immagine costruita su due dimensioni, figurandone tre, spesso assurde e impossibili. E’ questa la tesi che Valentinuzzi vuole contestare: dalla figura già improbabile dal piano passare ad una materializzazione tridimensionale. Il tema dell’oggetto è costituito da due curve verticali opposte, una concava ed una convessa che salgono parallelamente essendo collegate da segmenti complanari (attenzione!! piani ovvero lame, non semplicemente lineari, altrimenti si riprodurrebbe la struttura del DNA). A questo punto possiamo intuire la crescita di questa sorta di albero che con due polloni distinti si innalza e si allarga, nascendo dalle proprie radici. Potremmo immaginare due falci di luna, una crescente e l’altra calante, che si collegano tra loro tramite delle costole, come fossero lo scheletro di un palazzo in sezione, prescindendo dal fatto che quest’ultimo è all’incirca un parallelepipedo.
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Beh, se trompè vuole dire imbrogliare, ma anche sbagliare, confondere, bisogna adeguarsi e si inizia, date le due curve che si sviluppano verso l’alto, ma anche lateralmente, ad eliminare il concetto di orizzontalità per i piani di posa delle lame di collegamento, inventando e subendo inclinazioni diverse. Queste angolazioni nascono dapprima casualmente, per evolversi fino a divenire dati di sviluppo geometrico non eludibili, considerati i presupposti che danno anima a questa scultura, e tali dati germogliano via via in maniera sempre più complessa. La costruzione della scultura si basa ed è coerente con l’intrigante fascino delle curve utilizzate in fase progettuale: le clotoidi. Definizione: Clotoide è una curva a raggio variabile da zero a infinito, non cicloide, la cui formula analitica rasenta il sovrumano, tanto che nella progettazione di opere d’arte più effimere di quella di Giorgio Valentinuzzi (strade, ferrovie etc.) si utilizzavano, prima dell’avvento dell’ordinateur , delle tavole simili a quelle trigonometriche, mentre per il disegno erano necessarie le sciabole, ovvero dei curvilinei strettamente rispondendi ai parametri richiesti ed alle norme della matematica. La spiegazione è complessa, ma non ricordo nessuno che sia riuscito a darne una più chiara. Nella scultura tutte le forme di ognuna delle tre dimensioni sono state cretate ottemperando alle regole imposte da questo amore di curve.
Walter Angioletto Pitt Tuttologo 1999
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L'artista
si illude quando pensa di poter
rappresentare veramente le realtà.
La |
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rappresentazione è fondamentalmente una
illusione di realtà.
Fin dalle prime esperimentazioni ho dato ai miei oggetti sensi illusori di 3d, di dentro e fuori simultanei, di linee smarrite in un dedalo segnico che va ben al di là di quello che poteva essere il discorso optical, (a mio parere) fermo e ruotante su di un unico punto, quasi un giochino per bambini sprovveduti e per galleristi accorti... E’ logico poi, partendo da questi effetti, pensare e capire il perchè queste cose abbiano abbandonato il loro carattere speculativo, di intelligente apertura verso una didattica tesa al superamento di tutto un modo furbo di porsi davanti alle immagini e sia finita su tende e tessuti. Le sollecitazioni, l’immergersi in un mondo di segni e immagini, provocano se non controllate dallla mente in modo chiaro e razionale, una confusione tremenda, che non permette una giusta valutazione delle cose. Essere costretti in un mondo mentale fatto di prospettive uniche e invariabili, non consente alla fantasia di esprimersi o all’uomo di trovarsi in una struttura sociale che muta continuamente trasformando le cose nel suo sviluppo. Mi sono forzato di andare verso un’arte sociale nel senso primo della parola, mettendo in condizione il fruitore di una qualsiasi delle mie opere di essere egli stesso partecipe, sia del processo creativo, che della sua facoltà immaginativa. SUI MODULI: l’animazione di una struttura astratta se fondata su motivi contigui ripetitivi, produce l’individualizzazione di questa struttura e quindi, arrivando alla sua logica conclusione significa che a sua volta, la stessa, diventerà finita. Le varie connessione della struttura, seppure le più strampalate, non sono in alcun modo stabilite arbitrariamente: alla base sta il principio particolare per cui essa vive che è elaborato fino all’ultimo particolare. In ultima analisi, si potrebbe dire che è una possibilità logica in un sistema visivo deliberatamente scelto. SULLE CONTEMPORANEE: ogni punto di vista è rappresentato in modo tradizionale, usando la normale prospettiva, ma l’unità della rappresentazione risulta sconvolta perché tutte le visuali possibili sono collegate direttamente.
Giorgio. Valentinuzzi 1979, da Dossier
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...attraversai le sei corsie del ponte sul Red River a piedi, Giovanni era incazzato nero con me, ma mi fece una foto sotto il cartello che segnava il confine Louisiana - Texas... il film sognato da bambino io lo vissi realmente: da Dostoevskij a Ginsberg a Steinbeck, a Tex Willer, il passo è brevissimo... il film continuava: andammo da New York a New Orleans, a Houston, Dallas, oltrepassammo il New Mexyco, l’Arizona e San Diego, California. In Mexyco cercammo ancora qualcosa ma trovammo soltanto cucarachas e un fumetto sulle Olimpiadi di Mosca... riuscimmo a non parlarci da Ensenada a San Francisco. Ancora adesso, nel tempo che va, cerco qualcosa. In ogni caso il Fiume Rosso, sembrava il Seveso, marrone e limaccioso, solo un po’ più grande...
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..i giochi sono giochi: quelli di potere, quelli della mente, quelli di... anch’io ho inventato i miei giochi... facili o un po’ difficili, come i giochi un po’ facili e un po’ difficili. Come i giochi... poi, tutti andammo verso casa, per rigiocare... ognuno con i proprii giochi, quelli facili e quelli... ognuno ha il suo gioco...
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Si ha una
errata visione e valutazione di una struttura astratta quando si tende a
considerarla pittoricamente, cioè, con gli stessi principi che regolano la
lettura di un’opera d’arte intesa nel senso tradizionale; si ricercano
motivazioni di carattere emotivo e sentimentale in un oggetto che contiene,
e si fonda, su tutt’altri principi, quali la speculazione matematica e
l’inserimento nel contesto di segni e colori che sono atti alla ricreazione
di forme non sclerotizzate ma libere.
G. Valentinuzzi, giugno 1980, da Dossier Alluminati
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...avevo sentito dire che in qualche luogo, Firenze o Roma, esisteva una copia del computer con cui gli americani avevano realizzato il film Thron... se continuo a rimanere prigioniero della pittura, mi dissi, sarò superato, nel futuro! Lasciato indietro da quelli che ora sono bambini (era il 1982)... fu così che approdai a Roma, alla C.G.E. Conobbi un sacco di persone, Gianni Blumthaller, che fu per me un fratello e mi aiutò nella realizzazione dei miei video-clip a cartoni animati; Davide Del Bufalo, Costantino Morosin, Giancarlo Croce, etc... fummo pionieri, precursori di un’era nuova... e c’era ancora molto da scoprire...
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...era il 1976 quando
Marco Bistecca e Pippi vennero in visita nel mio Studio. Mi fecero partecipe di una loro scoperta: una tecnica facile di riproduzione da fare in casa: la serigrafia. Da allora ho prodotto una mole impressionante di fogli, esperimentato tecniche diversissime, ne ho inventate di nuove e le ho applicate ai miei ed ai lavori di un’altra trentina di artisti. Oltre alla bellezza, alla qualità e quantità delle opere su carta, mi sono rimaste tracce indelebili di uomini e inchiostri...
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fu progettato da Giorgio Valentinuzzi in una giornata il cui cielo suggeriva brividi rossastri per I CONTEMPORANEI a.c. centro culturale in Udine impaginazione e revisione Giorgio Valentinuzzi battitura testi Barbara Lendervirikizs Sgombrina (esperta ornitologa e amante dell'altrui verità: il suo corpo non aveva orari e s'è dimostrata scienza esatta) compattato da Alessandra Castro e Giorgio Valentinuzzi composto in caratteri Times e Avant Garde mai stampato da Litografia Ponte - Talmassons (UD) nel mese di dicembre del 1999
ora presente in web per merito di Sergio Cragnolini e Giorgio Valentinuzzi
nell'aprile 2003
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